BLOCCATO MEGAVIDEO, VEDIAMO DOVE SI COLLOCA LA RICERCA DELLO STREAMING
New York.Pratica diffusa ormai da tempo negli Stati Uniti, anche in Italia si è registrato per la prima volta un evento nuovo per la distribuzione italiana. Il protagonista di questo primo passo sulla Luna è il chiaccheratissimo film Kaboom, del regista californiano Gregg Araki. Presentato a Cannes lo scorso maggio fuori concorso e uscito nelle sale Usa nell’inverno 2011 il film è ora disponibile in Italia on demand, sulla piattaforma Own Air.
Si tratta di una novità assoluta, dicevamo, perché per la prima volta la distribuzione rinuncia, volontariamente, al grande schermo e approda direttamente sul web. Con soli 5 euro e 50 sarà quindi possibile vedere, direttamente dal computer di casa, questo film molto discusso che dopo la Croisette ha fatto il giro di numerosi altri festival tra cui il Sundance made in Robert Redford.
Questa notizia ci offre però lo spunto per una riflessione più grande. Nei giorni in cui l’FBI con una della operazione più inaspettate e dure della sua storia, ha chiuso i battenti a due portali di contenuti online come Megavideo e Megaupload.
Utilizzati da milioni di utenti italiani e nel resto del mondo, i due siti web offrivano, in maniera illegale, uno dei più imponenti archivi di musica, software e soprattutto film e serie tv. Milioni di visite che secondo i calcoli della Federal Bureau of Investigation hanno causato più di 500 milioni di dollari di perdite per introiti da copyright. Proponendosi come dei magazzini dati virtuali dove poter caricare file troppo grandi da poter essere spediti via mail, gli stessi venivano poi condivisi tra gli utenti attraverso vari forum e blog. E tramite pubblicità e sottoscrizioni degli utenti arrivavano nelle casse dei due siti pirata altri notevoli introiti.
Ma se molte persone erano ben disposte a pagare abbonamenti annuali per un prodotto video di scarsa qualità, sorge in chi scrive una domanda spontanea: come mai gli stessi navigatori del web non hanno optato per prodotti magari più costosi, ma al tempo stesso legali? Apple Tv per esempio. Il servizio della nota azienda Apple permette sia di scaricare film sul celebre store di iTunes, ma al tempo stesso di comprare pacchetti con più contenuti.
Uno dei principali ostacoli alla cosiddetta scelta on Demand è rappresentata dal duopolio satellitare rappresentato da Mediaset Premium e Sky. Le due aziende, dopo una lotta durissima nel mercato degli eventi sportivi, calcio in primis, hanno recentemente spostato la loro attenzione proprio sul redditizio mercato dei film a pagamento. Un duopolio che fa inevitabilmente alzare i prezzi, con il povero cliente che nel sottoscrivere i piani comprensivi delle gare di calcio, si trova costretto a pagare cifre folli per titoli di media qualità e disponibili a molti mesi di distanza dall’uscita in sala.
Nel mio “esilio” americano ho riscoperto invece il grande servizio offerto da un marchio come Netflix. Questa società, che ai più risulterà sconosciuta, ha sostanzialmente modificato il modo di concepire la Tv onDemand negli Stati Uniti. Per circa 20 dollari al mese (quindici euro) è possibile accedere in streaming ad un gran numero di film, spesso molto recenti e ad una larghissima gamma di serie tv dei più importanti network americani. Ogni utente può inoltre decidere di ricevere in noleggio gratuito ogni mese alcuni dvd, spediti direttamente a casa senza ulteriori spese. Un successo tale che dopo lo sbarco in Sudamerica, Netflix ha varcato l’Oceano sbarcando in Regno Unito e Irlanda. Arriverà anche da noi o le complesse leggi in materia di diritti tv lo impediranno? Ma soprattutto sarà possibile anche nel mondo dell’arte in movimento quella rivoluzione che nel caso di iTunes ha portato ad un parziale abbattimento della pirateria?
E nella remota ipotesi che questo avvenga ci saremo messi al passo coi tempi dotando il nostro paese di banda larga, fibra ottica e servizi wi fi di altà qualità? Forse troppe variabili perché ciò si realizzi…