Diaz, il film che lascia senza parole la berlinale

DANIELE VICARI PORTA IL SUO OCCHIO NELLA SCUOLA DIAZ DI GENOVA

Raramente accade che il pubblico rimanga completamente immobile durante una proiezione, che sia rapito e che un applauso accompagni tutti i titoli di coda. Ecco, questo è ciò che è accaduto ieri sera al Friedrichstadt Palast, per la prima di Diaz di Daniele Vicari.

Il film, che rappresenta il nostro paese per la sezione Panorama della Berlinale 2012, racconta la realtà del G8 del 2001 a Genova, focalizzandosi sull’episodio della scuola Diaz con una crudezza molto efficace. Il racconto è costruito su un gioco di punti di vista, degli studenti e della polizia, svelando quanto più possibile luci ed ombre di un evento crudele e doloroso che ha segnato profondamente il nostro paese e il mondo intero.

Lo scorrere dei fotogrammi, in parte documenti di repertorio ed in parte fiction, fa crescere velocemente lo sgomento di fronte a fatti tragici che troppo spesso vengono dimenticati. Ci si domanda quanto sia radicata la violenza più irrazionale e oscura in ognuno di noi e come sia possibile che degli uomini siano così pronti ed esperti a torturare. Si arriva anche a chiedersi quanto un poliziotto possa decidere volontariamente di intraprendere una carriera simile per trovare un pretesto per sfogare la propria rabbia. Domande che non vorremmo porre o che vorremmo non essere costretti a porci.

Il produttore Domenico Procacci, dopo i ringraziamenti, rivolgendosi ai ragazzi che erano presenti nella scuola nel 2001, si scusa perché un film, per quanto riuscito, non riuscirà mai a far percepire totalmente l’incubo di quell’episodio, non potrà mai essere spiegabile. Ma regala ai molti che non erano presenti un documento forte, fedele ed indimenticabile.

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