Gli sfiorati: recensione film

MATTEO ROVERE, UN NUOVO OCCHIO SUL LIBRO DI VERONESI

Sì, di sicuro il tema è forte. Il dubbio sulla reale possibilità di un incesto scorre lungo tutto il film, fino al suo compimento. Tutto ciò poi è racchiuso all’interno di un universo di personaggi disorientati, in costante ricerca di qualcosa, insoddisfatti. Si parla di sfiorati, una categoria umana fatta di individui che vivono molto afferrando poco. Forse tutti noi? Forse no. 

La pellicola di Matteo Rovere, creata sul libro di Sandro Veronesi, affronta quindi il tema di un disagio esistenziale, figlio dei nostri tempi. In ognuno dei personaggi – tutti gli attori molto bravi – si sviluppa in maniera diversa, ma si percepisce la fonte di difficoltà in comune. Riesce bene a trasmettere un’incapacità di reagire agli eventi, la sensazione di sopraffazione rispetto alla propria condizione.

Dilaga un senso di sospensione, un tentativo costante di afferrare qualcosa, e ne deriva una frustrazione continua e generale.

Il film però non convince, appare incompleto. Rimane volutamente su un livello epidermico di indagine, non va a scavare nella profondità torbida dell’animo. Anche nel caso di uno dei personaggi, Méte, che viene costretto a confrontarsi con l’ossessione di desiderare la sorella, il turbamento è quasi timido. Non è dunque portatore di una potenza interna che nasce, vive e si esaurisce sullo schermo, costringendo a trattenere il fiato e a non cambiare posizione sulla poltrona.

Che sia anche questo specchio della modernità?

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