Il generale dei briganti: fiction e unitÀ

MINISERIE RAI IN DUE PUNTATE SULLA STORIA DELL’UNITÀ DAL PUNTO DI VISTA DEL MERIDIONE

Nell’anno dei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia la Rai, Radiotelevisione Italiana, non poteva esimersi dal proporre al pubblico un prodotto che onorasse questa ricorrenza. Sceglie di farlo prendendo una posizione poco esplorata dal cinema e dalla letteratura: si guarda ai fatti con l’occhio del Meridione martoriato e vittima della famosa (e sempre poco approfondita) Questione Meridionale e del fenomeno del brigantaggio. Insomma, Garibaldi fu un generale eroico, portatore di libertà e unità per il Paese. Ma, come è inevitabile che sia, il conto dei danni fu altissimo.

Accanto ai Mille, nel meridione, c’erano i Briganti: gruppi di contadini poco più istruiti dei loro compari, armati, ladri e saccheggiatori, che prima non avevano parte politica e poi si sono schierati dalla parte del generale Garibaldi. Il più famoso e temibile dei loro capi fu Carmine Crocco, ex guardia borbonica che fu congedata per diserzione. Crocco (interpretato da Daniele Liotti) abbandona le vesti di generale del regno per indossare quelle di generale dei briganti.

Si tratta comunque di una “fiction all’italiana” per cui, parallela alla linea storica, corre quella sentimentale condotta da due storie d’amore: quella del protagonista e dalla sua amata Nennella (Raffaella Rea) ingannata da uno scrivano (David Coco) che vuole sposarla e sottrarla a Crocco, e quella del mazziniano dottor Mariano Aiello (Danilo Brugia) con la bella duchessina Giuseppina Guarino (Christiane Filangieri). I punti cardine sono sempre un po’ quelli che ritroviamo nei prodotti Rai Fiction, solo coniugati con la Storia pre e post Unità. Niente a che fare con “Noi Credevamo” dunque, ma non è legittimo aspettarselo.

È interessante, notare alcune ardite scelte di regia (e conseguentemente di linguaggio). Paolo Poeti è un regista che mostra di conoscere bene le tecniche più moderne e ha uno stile non troppo classico. Si rivela anche estremamente competente in materia storica, cosa piuttosto rara ultimamente. Adotta un linguaggio assolutamente insolito per un film storico, per di più di produzione italiana: uso cospicuo di ralenti, dissolvenze al nero e al bianco, telecamera a mano, sovrimpressioni e altre soluzioni che contribuiscono a creare uno storico sui generis.

Un punto assolutamente a favore della fiction in questione è la totale italianità della produzione: girato interamente nel meridione, con gran parte delle reali location in cui i fatti si svolsero. Persiste comunque il problema del bacino di utenza, che la Rai (soprattutto in radio) tarda a risolvere: Il generale dei briganti è una produzione pulita e non violenta quindi catalogabile come “per famiglie”, ma se queste famiglie hanno membri di età inferiore ai 45/50 anni, sicuramente non possono rimanerne conquistati. Sembra che Poeti e la sua regia stiano facendo qualche passo in questa direzione, ma la strada è ancora lunga.

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