Il vangelo secondo matteo: focus sul film

L’OPERA PASOLINIANO SULLA PASSIONE DI CRISTO CHE NE PROPONE UNA VERSIONE DEL TUTTO ANTICONVENZIONALE

In molte delle sue riflessioni, Pasolini ha asserito che la storia della vita di Cristo è la più bella che sia mai stata scritta; ha dunque deciso di raccontarla. Nel corso della sua non particolarmente lunga ma ricchissima carriera pratica e teorica, l’autore ha affrontato temi sempre diversi (dalle tragedie teatrali ai miti, dal “realismo” crudo alla fantasia più spinta) tra i quali la religione si fa strada a volte in modo marginale altre volte ricoprendo ruoli importanti. È questo il caso de Il vangelo secondo Matteo, film del ’64 che racconta la storia più antica e conosciuta del mondo (e per altro più rappresentata dal cinema, fin dal periodo delle origini) in modo assolutamente nuovo, originale e geniale.

Il film ripropone fedelmente le vicende biografiche di Cristo raccontate dall’evangelista Matteo nel suo testo, dall’annunciazione e la nascita e la ri-nascita. La sostanza è dunque rispettata: nel racconto pasoliniano troviamo anche il matrimonio con Giuseppe, la fuga da Erode in terra egiziana, l’episodio della strage degli innocenti, il processo di Ponzio Pilato e, infine, la crocifissione e la resurrezione che concludono l’esistenza terrena del figlio di Dio.

Dal punto di vista dei contenuti niente di diverso dalle centinaia di rappresentazioni. Il vero agente innovativo si trova nella forma, nei modi e nelle pratiche del racconto. Pasolini mantiene una coerenza stilistica con le opere precedenti scegliendo un impianto di fondo decisamente classico che asseconda un racconto lineare, ma qualcosa di diverso c’è e si vede: “strane” e insolite le angolazioni dei punti di vista, netti gli stacchi di montaggio tra un monologo e l’altro, panoramiche “a stazioni” (formato praticamente inventato dall’autore), la macchina da presa è montata sulle spalle di un operatore che segue meticolosamente i personaggi inquadrandone nuca e spalle.

Alcuni personaggi sono piuttosto grotteschi, recitano la loro parte con animo e tono quasi favolesco. Il ruolo di Cristo fu affidato, per puro caso, allo studente di letteratura catalano Enrique Irazoqui. Il giovane fu autore di un saggio su Ragazzi di vita e venne a Roma appositamente per conoscere Pasolini che lo scelse immediatamente per la parte del protagonista. Gli sembrò perfetto per via dei tratti somatici che ricordavano a Pasolini i volti lunghi e scavati dei Cristi dipinti da El Greco. Irazoqui lavora molto sul personaggio e mette in scena un Cristo mite e violento allo stesso tempo, animato dalla lotta per la redenzione del male dal mondo e che rifiuta finti pacifismi (“non sono venuto a portare la pace ma la spada”).

Qualunque tematica, anche la più trita e ritrita, se trattata da un autore di grande talento e sensibilità come Pier Paolo Pasolini diventa interessante e originale. Il vangelo secondo Matteo ne è la prova lampante. Spesso, anzi molto spesso, le sperimentazioni non vengono capite dai più al momento della loro presentazione (il film fu accusato di vilipendio alla religione) ma Pasolini non ha mai prestato troppa attenzione alle critiche sterili che gli venivano mosse da istituzioni e personaggi da lui poco graditi. È un bene che abbia sempre agito secondo l’istinto, il suo film sulla Passione è uno dei più interessanti dedicati all’argomento.

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