L’amore dura tre anni: dal libro al film

CONFRONTO TRA IL ROMANZO E IL LUNGOMETRAGGIO DELL’AUTORE REGISTA FREDERIC BEISGBEDER

Tratto dall’omonimo romanzo L’amore dura tre anni è una commedia romantica molto scorrevole, a tratti divertente e irriverente ma che non è all’altezza del libro a cui è ispirata, nonostante sia stato lo stesso autore Frédéric Beisgbeder a dirigere la pellicola, sua opera prima come regista.

La storia autobiografica narra la disillusione nei confronti dell’amore di Marc Marronier (Gaspard Proust), un critico letterario e cronista mondano invidioso dell’eleganza del suo collega Marc Levy (interpretato da se stesso con grande ironia), che dopo tre anni di matrimonio decide di scrivere sotto pseudonimo un libro che tratta del lento sfascio di un rapporto sentimentale: “Una zanzara dura un giorno, una rosa dura tre giorni. Un gatto dura tredici anni, l’amore tre. E’ così. C’è prima un anno di passione, poi un anno di tenerezza e infine un anno di noia”.

Il romanzo divenuto bestseller però si ritorce contro Maronnier nel momento in cui l’uomo si innamora perdutamente di Alice (Louise Bourgoin), moglie di suo cugino che si convince a lasciarlo per andare a vivere con lui, e lei scopre che è Marc l’autore di quello che secondo la donna è “il romanzo più misogino che sia mai stato scritto”.

Il soggetto frizzante che nel romanzo, nonostante la storia dimostri che l’amore esiste, non perde mai il cinismo vedendo nel “per sempre” un’utopia, nel film perde il ritmo perché le immagini non sono state in grado rendere visibili le parole dell’autore e le sue riflessioni mai retoriche su tutti i sogni disillusi dopo la fine di un rapporto.

Quello che è un libro vero, tanto da infastidire i romantici, si è trasformato in una commedia estiva molto meno onesta del libro.

La sorte della trasposizione cinematografica di L’amore dura tre anni ricorda un po’ quella di La verità è che non gli piaci abbastanza: quello che vuole mettere in discussione la banalità del romanticismo stucchevole e poco veritiero sulla carta diventa sullo schermo banalità stucchevole e poco veritiera.

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