Mashrome film fest: ultima giornata

CONCLUSO IL FESTIVAL DEL MASH UP CON INTERVENTI, ESPERIENZE URBANE E PROIEZIONI

Il Mashrome Film Fest si è chiuso sabato 9 con la premiazione e un party al Circolo degli Artisti, ma la vera conclusione c’è stata il giorno prima: venerdì 8 infatti, è stata l’ultima occasione per assistere a proiezioni ed eventi collaterali vari che in questi tre giorni di festival hanno offerto, per la prima volta al pubblico romano, una visione completa sul mondo del mash up, dei remix audiovisivi e delle nuove forme di video in generale.

Ad aprire la giornata è stato un Masterclass con alcuni autori cinematografici, tra cui Alessandro Piva e Paola Randi, cui è seguita una serie di incontri e talk sulle nuove tecnologie per la produzione audiovisiva e le crossmedialità urbane. A questo proposito, Carlo Infante ha coordinato un dibattito molto interessante sui nuovi progetti per migliorare la vivibilità della capitale: tre giovani studenti del settore hanno presentato le loro tesi di laurea, progetti davvero innovativi che sfruttano le più moderne tecnologie e che tengono conto anche delle arti visive e della musica. Alla teoria si è poi aggiunta la pratica: Urban Experience ha organizzato una suggestiva passeggiata radioguidata all’interno del Rione Esquilino.

Sul versante più propriamente cinematografico, gli spettatori dell’Acquario Romano hanno assistito alla proiezione di due video dell’autore australiano David Anthony Sant (Metropol drift reaction e Encircled) e al trailer del documentario Space Metropoliz dei nostrani Fabrizio Boni e Giorgio de Finis. Tutte e tre le opere sono incentrate sul tema della città, del contesto urbano, riproposto in modo decisamente poco canonico e filtrato dalla personale visione degli artisti che le hanno realizzate. Viene però da chiedersi, assistendo alle proiezioni, cosa ci sia di innovativo (e di diverso) dalla ormai tradizionale forma cinematografica del documentario “d’autore”, non è molto chiaro cosa gli autori stiano rivendicando.

Prima della serie di corti che hanno chiuso la serata, è stato proiettato il film di Perry Bead Man with a movie camera: the global remake: il videoartista statunitense, come ci dice il titolo, ha realizzato un remake sui generis della geniale pellicola di Dziga Vertov L’uomo con la macchina da presa, del ’29. È arduo cimentarsi in progetti di questo tipo, non è mai facile relazionarsi con delle pietre miliari della storia del linguaggio cinematografico; Perry Bead lo fa partendo da un’idea divertente, ovvero dividere lo schermo in due parti, con a sinistra il film originale e a destra il suo personale remake (fatto di immagini fisse e in movimento riprese con cellulari e telecamere amatoriali).

Un’idea simpatica e a volte anche divertente – alcune soluzioni sono esilaranti – ma che quasi subito rivela la sua poca efficacia e le sue fondamenta non solide: il fatto di rifare il film di Vertov scena per scena, dunque per tutta la sua durata, non si dimostra vincente proprio perché l’idea di fondo non basta a “riempire” un’ora di proiezione. In parole povere, quasi subito ci si annoia e si perde interesse per l’opera e ci accorgiamo che ci sfugge completamente il suo senso ultimo. Ci chiediamo se ci sia ma la domanda rimane senza risposta certa. Non che il mash up e i remix debbano essere sempre chiari (anzi, sono da interpretare per natura) ma dovrebbero almeno essere sensati e realizzati nel rispetto di opere di un’epoca d’oro del cinema che l’Intermedialità e la video arte non possono certo eguagliare.

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