Giulio poidomani: regista di "disruption"

SPAZIO AL GIOVANE REGISTA ITALIANO CHE LAVORA CON SUCCESSO A LOS ANGELES

Giulio Poidomani è un giovane regista italiano che vuole farne di strada. Ora vive e lavora a Los Angeles e ha appena girato un corto dal titolo Disruption, di cui potete ammirare qualche spezzone e del quale lo stesso Giulio ci parla in quest’intervista esclusiva concessa a Film4Life. Racconta di sé, delle sue esperienze di vita e delle reali possibilità di fare carriera in quel lato del mondo, così glamour e attraente…

“Da sempre sono stato travolto dalla potenza delle immagini e dal racconto per immagini. Divoratore di fumetti fin da piccolo, ricordo che già all’età di 5 anni ne scarabocchiavo e scrivevo delle storie che propinavo continuamente a familiari e compagni di classe. Alle medie cominciai a leggere copioni teatrali e a scriverne di sana pianta. Crescendo l’esercizio della scrittura non bastava più. Avevo bisogno di veder tradotto in immagini in movimento le mie idee. Fu così che mi feci regalare una telecamera e convinsi o costrinsi i miei compagni di classe a girare un film horror all’età di 14 anni.

Dopo la laurea, quando divenne più difficile trovare lavoro in Italia, decisi di iscrivermi al Cinemaster in Sceneggiatura Cinematografica e Televisiva, dove mi sono laureato a pieni voti con lode con una sceneggiatura che è poi diventato il mio primo cortometraggio Americano “Sloth – Accidia”, dal quale adesso stiamo creando una web series. Devo dire che è sempre stato grazie a Faenza che mi sono trovato in America, sul set del film che ha girato a New York, e lì ho deciso di rimanere”… 

 

1. La prima domanda appare quasi d’obbligo: per quale motivo hai scelto di inseguire il tuo sogno cinematografico negli USA e non nel tuo Paese d’origine? O in altri paesi del mondo? Sei un amante del cinema statunitense oppure vedi l’America, Los Angeles per la precisione, l’unico ambiente fertile in questo senso?

Ho deciso di rimanere negli Stati Uniti per diversi motivi. Il primo era ovviamente la situazione italiana che stava continuamente peggiorando. Trovare un lavoro era impossibile e scrivere qualcosa che fosse diversa da una commedia romantica per ragazzini era un insulto all’industria cinematografica. Se vuoi fare il tuo primo film o vendere la tua prima sceneggiatura, ti devi accontentare di scrivere frivolezze già viste e servite in tutte le salse. Al cinema italiano mancano il coraggio e oggi, purtroppo, anche i soldi. Non certo le idee. Quelle ci sono e pure tante. Questi fattori mi hanno spinto a lasciare l’Italia. Dopo aver considerato Londra in una prima fase, ho poi deciso che se dovevo provarci dovevo farlo alla grande. Quale posto migliore di Los Angeles, allora, che è la mecca del cinema? Ovviamente qui è tutto molto complicato perchè la concorrenza è enorme. Però è anche vero che è pieno di produzioni, continuamente, e qualcosa da fare si trova comunque.

 

2. L’Italia e gli Stati Uniti hanno entrambi una grandissima tradizione nella storia della settima arte. A quale delle due cinematografie sei più affezionato? E quale possiamo ritrovare nei tuoi lavori?

Non posso dire di essere affezionato più all’una o all’altra cinematografia. Entrambe hanno sicuramente segnato la mia esperienza. “Roma città aperta” è uno dei miei film preferiti, così come tutto il neorealismo e il grande filone del cinema degli anni sessanta. Certo, se penso al cinema italiano degli ultimi vent’anni mi vien da piangere. Per fortuna ci sono Sorrentino, Crialese, Soldini e Luchetti che riescono ancora a stupirmi. Credo che fra i vari registi e autori, quelli che più mi hanno influenzato sono David Lynch, Stanley Kubrik e Krzysztof Kieslowski. Tuttavia devo dire che il cinema italiano è una grande parte della mia formazione e credo di aver capito cosa voglia dire essere regista solo quando ho guardato “La strada” di Fellini. Intendo dire che un film per essere vincente deve avere un personaggio importante,  difficile da dimenticare. E i due protagonisti de “La Strada” li porto sempre dentro di me, in qualche modo credo che facciano parte della mia persona. Ogni volta che vedo quel film piango.

 

3. A proposito dei tuoi lavori, parlaci del progetto “Disruption”.

Disruption è la storia di un fumettista depresso che cerca di tornare a vivere dopo un lungo coma. Quando lo vediamo per la prima volta è un uomo senza speranze che non crede in nulla e neanche nel suo progetto. Infatti sta lavorando ad un fumetto dove il punto di vista non è quello dell’eroe, ma quello del cattivo. Come se invece di seguire le avventure di Batman seguissimo quelle del Joker. Ed infatti per me Jay, il protagonista, è un po’ Joker con una visione del mondo tutta sua. L’idea per la sceneggiatura mi è venuta quando ho sentito che a Los Angeles un uomo era sceso in pieno giorno in mezzo alla strada con un fucile. Tra l’altro in uno degli incroci più trafficati di Hollywood vicino al teatro degli Oscar. Lì, da solo in mezzo alla strada, quest’uomo comincia a sparare a casaccio, uccidendo un uomo. Quello che mi son chiesto io è cosa può portare una persona a decidere di uccidere così all’improvviso degli esseri umani e, soprattutto, cosa può portare a decidere di uccidere i propri familiari, perchè purtroppo anche questo succede. Così mi sono avventurato nei meandri più nascosti di questa mente malata che crea e genera caos. La mia conclusione è che possiamo passare attraverso le fasi più sventurate e nere della nostra vita, ma niente mai giustificherà l’uccisione del proprio figlio, seppur col buon intento di mandarlo in un posto migliore che è il paradiso. Nella sua follia, infatti, Jay confonde il mondo dei suoi fumetti con la vita vera e, alla fine, crede di essere lui stesso il protagonista del fumetto che vuole uccidere il supereroe. Trovo la scena finale tragicomica. C’è poi in questo film una caratteristica dei miei lavori, che è il contrasto forte tra due dimensioni della realtà, la felicità contro la tristezza, la speranza contro la disillusione. In fondo Disruption è la storia di un uomo che cerca in qualche modo di sopravvivere anche ai suoi stessi istinti distruttivi e, quando non ci riesce più, si lascia andare al suo mondo fantastico dove la prospettiva di un mondo migliore ancora esiste e dove il dono della morte è il più grande dei regali. La sottrazione dei propri cari da un meschino mondo di tristezze e paure. Disruption mi sembrava la parola esatta per riassumere tutto questo. In inglese indica infatti una brusca interruzione improvvisa. Quel tipo d’interruzione che può anche provocare dei danni permanenti.

4. E per quanto riguarda i progetti futuri?

Ovviamente c’è ancora Disruption nel mio futuro. Abbiamo appena cominciato una campagna di raccolta fondi per mandarlo ai festival. Per questo stiamo usando il sito Indiegogo dove è possibile fare diversi tipi di offerte, dalla più piccola di due dollari alla più generosa di 500. In cambio ci sono dei regali e la possibilità di attaccarsi al progetto come produttore esecutivo. Nelle prossime settimane girerò poi un music video per la cantante Luna Achiary. Sarà il video della canzone tratta dal film alla quale abbiamo lavorato insieme. Sto inoltre producendo altri due cortometraggi sempre a Los Angeles. CAMPAGNA INDIEGOGO: http://www.indiegogo.com/disruptionshortmovie

(18 settembre 2012)

 

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