Nostos: intervista esclusiva ai registi

DUE CHIACCHIERE CON I PLURIPREMIATI ALESSANDRO D’AMBROSI E SANTA DE SANTIS

Freschi vincitori di un altro premio, questa volta oltre i confini italici, come miglior cortometraggio “AGAINST WAR AWARD” al New Horizon International Independent Filmakers Festival di Teheran abbiamo oggi il piacere di proporvi una intervista esclusiva ad Alessandro D’Ambrosi e Santa De Santis. Attori, sceneggiatori, produttori con la casa Ali di Sale, ma soprattutto registi del Cortometraggio Nostos. Incontrati a Roma, una piacevole cena per ritrovare due persone speciali incontrate durante il FIGARI FILM FEST, diventa occasione per fare due chiacchere sulle genesi del successo del loro lavoro.

Partiamo dal titolo? 

Nostos:Termine greco che indica  il ritorno a casa, i nostoi erano i poemi epici che raccontavano il ritorno verso casa degli eroi greci dopo la guerra di troia, il più famoso Nostos è L’Odissea, quindi il nostro  protagonista è un moderno Ulisse

A cosa è dovuta la scelta di ambientare la storia in quel periodo e non nell’attualità, nella quotidianità?

SANTA: Per quanto riguarda l’ambientazione temporale importante è stato il fascino e il richiamo delle location scelte. Cercavamo di trovare il motivo scatenante di rottura, di crisi del personaggio in un periodo storico che ci affascinava; studiato e visto al cinema in tante salse. Ma non tutti i film di questo genere raccontano l’esperienza individuale come accade in Nostos; la percezione vera della guerra, pur se mediata dall’elaborazione del sogno. Il sogno rende più interessante tutta la narrazione attraverso un’elaborazione intima, personale. Questa storia non sarebbe esistita senza la mediazione del sogno.

ALESSANDRO: Ci interessava molto poco raccontare la realtà presente nella  quotidianità, forse perché la vediamo raccontata troppo bene da tutte le parti e in tutti i modi. 
A me personalmente, ma penso anche a Santa, interessava raccontare una storia lontana, proprio per concentrarci sulla storia e non sui risvolti che quella storia del quotidiano dovesse per forza assumere dal punto di vista della sensibilizzazione sociale, di denuncia della crisi. Volevamo allontanarci un po’ dall’attualità perché siamo stanchi, è un argomento così inflazionato, così martellante, la quotidianità e le sue brutture che quando facciamo cinema, quando raccontiamo storie vorremmo porle su un piano diverso, magari anche lontano nel tempo, perché ambientato nel passato, perché comunque è una invenzione, che ci permette di inventare o di ricreare e non semplicemente di documentare o narrare, mentre la tendenza di molti corti italiani è di affondare a piene mani dentro le tematiche della crisi.

 Nostos: il disertore…perché puntare sulla figura di un antieroe?

 ALE: Abbiamo scelto di raccontare la figura del non eroe, perché molto più interessante dell’eroe, più umano. Presenta tutti quei limiti che lo rendono esplorabile. Secondo noi c’è stato molto più eroismo nell’avere la forza di resistere ad una ferita subita,  di voler vivere una vita semplice, comune. Così come nella vita di tutti i giorni dove gli eroi sono quelli che riescono a trovare il coraggio di vivere delle vite ordinarie. Abbiamo trovato interessante la normalità e con essa tutti i limiti dell’essere umano: la paura, l’istinto a sopravvivere, a pensare prima a se e poi agli altri. 

 I  MONTI ALBURNI, quali le maggiori difficoltà nel girare?  

SANTA: Alcuni luoghi scelti come location per il film non erano facilmente raggiungibili, abbiamo fatto delle scelte e ci siamo adeguati. I posti che vedete nel corto sono bellissimi, ne avevamo trovati però altri che erano anche più suggestivi, ma impossibili da raggiungere con i mezzi tecnici.

ALE: Le location, al fine di coniugare le esigenze produttive, sono state scelte a poca distanza una dall’altra, ma con una varietà paesaggistica incredibile.

IL Parco del Cilento ci ha ispirato, è nata prima la voglia di raccontare il momento onirico e poi il resto. Un luogo che ha suggestioni antiche, di migrazioni, che contiene già in se il concetto di peregrinazione, di spostamento: si tratta di un paesaggio naturale dinamico, non monolitico, fisso. Era adattato per raccontare un ritorno, un sorta di road movie.

E poi le suggestioni delle storie del posto: storie di tutti i nonni delle persone che abbiamo conosciuto, di come sono tornati a piedi dai vari fronti in cui erano quando è arrivato l’armistizio.

SANTA: L’atmosfera dei luoghi dove abbiamo girato, questa dimensione “antica” ci ha letteralmente suggerito di raccontare quel tipo di storia.

 

Ritenete possibile un sequel di questa storia o un adattamento a lungometraggio?

ALE: La storia così come strutturata, si presterebbe ad un ulteriore sviluppo che possa portare il lavoro a diventare un lungometraggio. Essendo episodico, ha un andamento poetico, non narrativo, composto quasi a strofe, nell’etimo di strofè che significa ritornare, ma al momento non ci interessa.

SANTA:  I tanti altri progetti di corto e lungo metraggi su cui puntiamo li trovare sul nostro sito  www.alidisale.it

 

Come gestiste questa vostra doppia anima nel ruolo attore/regista?

SANTA: Fare gli attori è una vocazione, quindi dopo un po’ che non si recita ci si ritrova a fare qualsiasi cosa pur di recitare di nuovo.

ALE: Se sei attore di professione e ti trovi a non lavorare per un periodo, il meccanismo che si innesca è quello di diventare attore nella vita. Quindi meglio sfogarsi nel lavoro che nella vita ricorrendo a strani giochi di ruolo… 

SANTA. Fare il Filmaker ti da comunque una soddisfazione che non ha pari, è come  vedere nascere e crescere un figlio. Noi abbiamo una passione per tutti gli aspetti produttivi, dai costumi alle scenografie, dall’organizzazione al montaggio.

ALE: Il lavoro che c’è dietro un film in costume è molto complesso e noi nonostante si trattasse di un prodotto low budget abbiamo messo un impegno molto forte, per ottenere un lavoro molto ricco e dettagliato.

 

Come vi trovate a lavorare in coppia in un momento delicato e intimistico come quello registico?

SANTA: In questo senso la pre-produzione è fondamentale. Arriviamo sul set con le idee già molto chiare.

ALE: Investiamo molte energie, prepariamo con grande cura il piano delle inquadrature, sempre molto dettagliato, amiamo lavorare con lo storyboard. Nel rapporto a due  ci sintetizziamo, facciamo un’ottima sintesi ognuno dell’altro, arrivando al nocciolo della questione. Noi siamo due attori, quindi molte scene è più facili scriverle, provandole e recitandole in due.  Ci viene facile scrivere i dialoghi, odiamo ciò che è prolisso e didascalico. in questo senso il nostro lavoro è molto “visivo”, ci piace affidare la narrazione, per quanto possibile alle immagini ed all’azione.

SANTA: A livello di narrazione per immagini, di gusti, siamo complementari, molto in sintonia: ci piace raccontare un certo tipo di storie nello stesso modo  e con uno stesso approccio visivo. Ci bilanciamo bene, io sono molto abile dal punto di vista produttivo e nel mantenere rapporti, Alessandro è invece più tecnico. Ha grandi competenze dal punto di vista fotografico.  

ALE: Differiamo invece ed anzi siamo agli opposti soltanto in una cosa: nell’immaginare il movimento (della macchina): io lo immagino sempre da sinistra a destra lei da destra a sinistra. Un ingresso in campo, uno spostamento della macchina… non so perché. Io sono italiano, lei giapponese, immagina sempre l0andamento da destra verso sinistra, con una deformazione che chiamerei “orientale” e non so da cosa dipende (ride ndr.).

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Onnivoro cinematografico e televisivo, imdb come vangelo e la regia come alta aspirazione.
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