Flight: recensione film

TEATRALE, PROLISSO, INTENSO E TURBANTE…QUATTRO AGGETTIVI PER IL NUOVO ZEMECKIS

Genere: drammatico

Uscita in sala: 24 gennaio 2013

L’apertura è fondamentale, l’effetto sorpresa, l’attenzione sospesa, l’attimo in un fotogramma. Proprio come in un testo, tutto è importante in un film e dalla sequenza iniziale fino allo schianto aereo, Robert Zemeckis pennella 15 minuti di grande cinema con Flight. Poi comincia una discesa diversa, non quella aerea, ma un atterraggio morbido verso lidi al regista più congeniali, lontani dalle folgori dell’inizio. Vira la prua del suo motore e comincia ad indagare le problematiche dell’uomo debole, dalla tossicodipendenza, all’alcolismo, incarnato dalla prova intensa senza eccessi dell’istrione Denzel Washington. E dalla sorpresa Kelly Reilly, bellezza riscoperta dopo l’exploit de L’appartamento Spagnolo.

Scostandosi dal trailer e dal lancio del film, la regia prende subito una piega alternata tra verbosità, a tratti prolissa, e indagine dell’animo in cui trovano luogo disperazione e abbandono. Quindi, il famoso volo del miracolo, non rimane altro che diventare il pretesto per scegliere un personaggio qualunque e raccontarne la catarsi, da eroe ad essere umano. Un pilota alcolizzato, grazie ad una manovra “eroica”, salva la vita di 96 passeggeri su 102 a bordo del suo aereo precipitato al suolo. La figura è quella di una vita allo sbando, un uomo a cui nel dramma improvviso viene offerta una seconda chance, da carpire, prima ancora che da cogliere appieno.  

Il contorno è di quelli un po’ impalpabili, ma la confezione reale, lucida e onestà, il maggior pregio di quest’opera numero diciotto del Robert di Cast Away, ormai non più titolo del film, ma vero e proprio verbo che indica un naufragio. Come Flight sta per volo, sia inteso in maniera reale, sia in lato metaforico, pensando al viaggio negativo che una dipendenza può comportare e con essa la sua negazione. Un problema da affrontare, un inchiesta da superare, un’udienza nazionale da sostenere.

L’inchiesta, l’alto orgoglio americano, il potere dei media, il valore della riconoscenza. Gli sceneggiatori aprono domande senza risposta, portando lo spettatore al centro di una turbolenza concreta che porta scompiglio nella vita di un solo personaggio. La forza di Flight risiede nella potenza evocativa, nel girato alternato tra soggettiva e campi lunghi, la debolezza, invece, proprio come quella del protagonista Whip, nel non mantenere lucido fino in fondo un tema poco originale. Pregevole nella sua leggerezza, magnifico in alcune sequenze chiave, poco incisivo alla resa dei conti. 

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