Truffaut: eroe della nouvelle vague e del cinema moderno

RICORDANDO FRANCOIS, UNO DEI PIU’ GRANDI REGISTI DELLA STORIA DEL CINEMA MONDIALE

La fine degli anni ’50 registrò in Francia, un movimento idealista che ebbe il merito di sovvertire profondamente il modo di far cinema francese, ed europeo. Questa rivoluzione fu realizzata dalla generazione dei giovani del tempo, i quali vivevano un’epoca storica molto complessa, che intercorreva tra la fine dell’avventura coloniale in Indocina e lo scoppio del caso Algerino, lo sfaldarsi e la caduta della Quarta e la nascita della Quinta repubblica. Erano i giovani incerti sull’avvenire, i quali vivevano con disagio la loro esistenza e si ribellavano a tutto ciò che coincideva con il passato.                        

Tutto questo ci offre le premesse per parlare di quella generazione di cinefili che con la loro attività di sovvertimento del vecchio cinema, stantio e sclerotico, formarono insieme la cosiddetta Nouvelle Vague. Il nome in realtà non fu stato scelto da loro, bensì si trattò di un’etichetta che gli fu letteralmente appiccicata in quegli anni. Difatti nel 1957, L’Express, settimanale francese, lanciò un’inchiesta rivolta a circa otto milioni di uomini e donne francesi, tra diciotto e trent’anni, i quali erano considerati i nuovi comandanti della Francia. I risultati dell’inchiesta furono pubblicati con uno slogan: “La Nouvelle Vague Arrive!”, una nuova ondata di giovani francesi con la grande possibilità di portare novità e freschezza alla cultura e alla politica francese.

François Truffaut, fu uno dei più importanti membri di questo gruppo di cinefili, il quale, nel 1959 disse riguardo a questo nome: “Credo che la Nouvelle Vague abbia avuto una realtà anticipata. All’inizio era un’invenzione giornalistica, poi è diventata una cosa reale”. Al di là dalla loro denominazione, questi giovani erano degli assidui frequentatori di cineclub e cinema d’essai che si opponevano al cinema dei padri, attraverso un nuovo linguaggio capace di restituire la trasparenza dell’autenticità. Loro detestavano quei registi convenzionali, privi di originalità artistica, abituati a concepire il cinema alla pari del romanzo. Dobbiamo molto alle riflessioni teoriche di Truffaut e ancor prima di Bazìn, (fondatore della famosa rivista critica Cahiers du Cinema nel 1951), per la nascita di un cinema realizzato unicamente da un autore.

Allievo di Bazìn, e suo protetto, François Truffaut, con l’aiuto di altri critici del gruppo, come Rohmer, Godard, Rivette, lanciò la Politique des Auteurs. Una politica che può essere considerata l’esaltazione dell’individualità dell’artista cineasta, idealmente contrapposto al semplice mestierante, abituato agli automatismi linguistici, tecnici e produttivi del cinema modellato su logiche industriali. Ogni film d’autore è frutto di un’originale e unica concezione del mondo, intimamente connessa a un modo personale di espressione linguistica, così da essere immediatamente riconoscibile. Non a caso i loro registi preferiti erano Bergman, Bunuel, Lang, Hitchcock, Rossellini.       

Reduce dunque dall’esperienza neorealista italiana, la Nouvelle Vague scese nelle strade, lavorò con piccole èquipe e cinecamere maneggevoli e mobili, girò in esterni con illuminazioni naturali e fonti luminose precarie e minime, inventò un altro suono, in presa diretta, registrato al momento delle riprese, ripensò il dialogo con la freschezza e l’improvvisazione caratterizzante dell’istante vissuto, utilizzò attori non professionisti, e realizzò film a basso costo. I soggetti rispecchiavano uno stato esistenziale di precarietà, incertezza, disorientamento politico e idealistico. I loro film testimoniavano, infatti, un’amoralità tipica dei giovani che vogliono ribellarsi alla tradizione. Punto di partenza della Nouvelle Vague fu il 1959, quando Les 400 coups (I quattrocento colpi), opera prima di Truffaut e Hiroshima Mon Amour di Alain Resnais, vennero presentati al Festival di Cannes. Truffaut si aggiudicò la Palma D’oro.

Les 400 coups, rappresenta il film confessione della difficile infanzia di Truffaut, il quale racconta la solitudine di un bambino che vive in un mondo ingiusto, quello dei padri, che non dà speranza di apertura verso la novità. Nel finale del film, il bambino, fuggito dal collegio in cui la famiglia lo aveva rinchiuso, corre senza sosta verso il mare e l’inquadratura per un attimo si ferma sul volto ansioso e sperduto. Il mare che lo attende, testimonia la speranza, reale possibilità di libertà, offerta all’individuo. Godard suo collega e in un certo senso rivale, di questo film disse “Il film più libero del mondo. Moralmente parlando e anche esteticamente”.

Dopo questo esordio, la sua produzione cinematografica fu fittissima e noi vogliamo ricordare, tra gli altri, gli stupendi successi di Jules et Jim nel 1961, storia di un triangolo amoroso con protagonista la provocatoria Jeanne Moreau; Fahrenheit 451 del 1966, tratto dall’omonimo romanzo fantascientifico-distopico di Ray Bradbury. Grandissimo film che ispirerà molto del cinema fantascientifico contemporaneo; e ancora, La sposa in nero del 1968, sempre con la bella Jeanne Moreau, che servì da modello addirittura a Quentin Tarantino per Kill Bill.

Ricordiamo anche Baci rubati dello stesso anno, Non drammatizziamo è solo questione di corna e L’amore fugge dei primi anni ’70; Adele H. nel 1975, che narra la storia realmente accaduta di Adele Hugo, figlia minore del famoso scrittore Victor Hugo, che impazzì a causa dell’amore non corrisposto per un ufficiale inglese, che ella seguì prima ad Halifax, nella Nuova Scozia, e poi a Barbados. L’ultimo dei tanti amori di Truffaut fu l’attrice Fanny Ardant con cui girò il provocatorio La donna della porta accanto 1981 e Finalmente domenica nel 1983, e dalla quale ebbe una figlia, Joséphine, il 28 settembre 1983.

François Truffaut apparì anche come attore in diversi suoi film, interpretando brevi camei (ad esempio in Adèle H e L’uomo che amava le donne) o anche ruoli da protagonista, come in Effetto notte, La camera verde e Il ragazzo selvaggio. Nel 1977, recitò in Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg, nel ruolo dello scienziato francese Lacombe. Spielberg era infatti un grande ammiratore di Truffaut.

Il regista, nato il 6 febbraio del 1932, ammalatosi di tumore al cervello, fu operato tardivamente, e morì il 21 ottobre 1984 nell’Ospedale Americano di Parigi a Neuilly-sur-Seine. Cremato nel cimitero Père Lachaise, le sue ceneri oggi si trovano al cimitero di Montmartre a Parigi. 

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