Killer in viaggio: recensione film

thumb_notizieL’OPERA SECONDA DI BEN WHEATLEY INSERISCE IL REGISTA TRA I TALENTI DA TENERE D’OCCHIO DEL REGNO UNITO 

GENERE: Commedia Nera

USCITA: 13 giugno 2013

La mania del titolo italiano orrido ha colpito ancora: un film che in inglese si chiama Sightseers (Turisti), nella nostra lingua viene molto più banalmente ribattezzato Killers in viaggio, rovinando in più la volontà di sorpresa dello spettatore. Quando lo vidi nella rassegna Da Cannes a Roma (era nella Quinzaine), entrai leggendo le sole due righe di trama segnalate sul sito della manifestazione che indicavano il film come “un viaggio nella campagna inglese per una donna e il suo uomo, da lei da poco incontrato, si trasforma ben presto in un incubo”. In questo modo Sightseers, dopo IL colpo di scena a circa 20 minuti dall’inizio del film, mi colpì come un fulmine a ciel sereno. Il titolo italiano invece fin da subito fa uno spoiler enorme sull’andamento della trama, rovinando l’esperienza per uno spettatore che cerca di andare al cinema senza neanche aver visto il trailer (caso ideale). Ad ogni modo il film è ben diverso dall’eventuale rifacimento di Assassini nati che qualcuno si aspetterebbe.

Il regista Ben Wheatley, al suo secondo lavoro dopo l’inedito Kill List, riesce a consegnare un lavoro che si mantiene per tutta la durata su due livelli apparentemente opposti: vi è una dimensione quasi surreale in cui i due protagonisti parlano di uccidere come se si preparassero a far la spesa e al tempo stesso vi è una volontà di rappresentare i rapporti umani, dal lato più sincero, mostrando come in una coppia la tenerezza possa dar spazio a momenti di ferocia nell’arco di un istante. Wheatley riesce a lavorare su queste due livelli, orchestrando il tutto con creatività, senza risultare mai pedante,  e fa sì che i propri protagonisti diventino gli anti-eroi per eccellenza di quest’annata cinematografica, come a suo tempo lo furono i ‘natural born killers’ Lewis – Harrelson e i membri della famiglia Firefly del cult La casa del diavolo.

In questo caso a dar volto a due personaggi che sguazzano tra l’idillio e la carneficina troviamo due volti sconosciuti e proprio per questo assolutamente credibili: Alice Lowe, riesce bene a inserirci sotto la pelle di una donna ferma mentalmente all’età di 15 anni e dunque con una capacità emotiva non chiaramente sviluppata, così come il suo partner, interpretato da Steve Oram, apparentemente deciso e capace pur nel proprio squilibrio mentale, ma anche naif e infantile, forse ancora più della donna. Entrambi disadattati, incapaci di trovare un posto nella società, cercano comunque di affermarsi nel mezzo della bellissima natura inglese. Ma è proprio qui che gli impulsi primordiali si scatenano, lasciando spazio a una lunga scia di sangue, disgustosa ed esilarante come non si vedeva dai tempi dei migliori Coen. I riflettori sono ora puntati su Ben Wheatley, per chi scrive il nuovo talento inglese con le carte in regola per pareggiare il regista di Scott Pilgrim Edgar Wright. Ne sentiremo riparlare.

 

 

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