Dredd: missing in Italy

KARL URBAN RIPROPONE UNO DEI RUOLI MENO FAMOSI DI STALLONE, MA IL CONFRONTO NON SI PONE NEANCHE

Il primo Dredd non appartiene alla schiera dei cult che segnano un genere, ma era un simpatico passatempo, totalmente senza pretese e con uno Stallone ‘cultissimo’ che a un certo punto grida: “la legge sono io”. Erano momenti di puro fomento anni ’90. L’anno scorso nelle sale di mezzo mondo è poi uscito un reboot di quello stesso personaggio nato dai fumetti di John Wagner e Carlos Ezquerra, con l’attore apparso nel Signore degli anelli e in RedKarl Urban, che ha dovuto sopportare la difficile missione di ‘recitare’ quel ruolo sempre col casco in testa. Ma forse questa puo’ essere considerata una salvezza.

In un futuro dal tono post-apocalittico Dredd, poliziotto con il potere di giudice, giuria e boia nelle proprie mani, si ritrova incastrato in un palazzo inospitale con la nuova collega mutante –capace di leggere nel pensiero-, ma ancora inesperta. Erano venuti a catturare la signora della droga Ma-Ma (?), ma questa ha dato l’ordine a tutti i criminali nell’edificio di uccidere i due intrusi. Sarà una lunga giornata.

Vi dice qualcosa la storia? Stranamente il nuovo Dredd, distante di parecchio dall’adattamento con Stallone, copia in tutto e per tutto un film indonesiano che abbiamo recensito tempo fa, tale The Raid in cui un gruppo di poliziotti deve catturare un signore della droga in un palazzo in cui ad ogni piano ci sono temibili assassini con l’ordine di ammazzare chiunque indossi una divisa. Il film di Pete Travis (il confuso Prospettive di un delitto) si lascia comunque guardare per qualche momento di originalità. Se da una parte troviamo una violenza talmente eccessiva, da risultare fuori luogo per un kolossal del genere, dall’altra troviamo scelte estetiche ricercate, per ricreare esperienze soggettive come l’assunzione della droga. In questo caso sono state effettuate delle riprese effettuate ad alta velocità per ricreare al montaggio dei virtuosi ralenti con i colori saturati per un’esperienza veramente ‘lisergica’. Un effetto interessante si ha anche quando la poliziotta mutante entra nei pensieri dei criminali che interroga per uno spettacolo visivo, capace di accontentare chi è alla ricerca di effetti diversi dai soliti offerti nei blockbuster.

Per il resto delude il fatto che un abile sceneggiatore come Alex Garland (28 giorni dopo, Sunshine) si riduca alla copia di altri film, riducendo al minimo l’originalità e il suo tocco incisivo ed è un peccato che nessuno tra gli attori sembri particolarmente carismatico da meritare il minimo sindacale: in particolare Urban pur con il casco in testa con tutto il film non riesce a creare neanche per un momento la superiorità e il senso di minaccia che pure Stallone era riuscito a rendere nel personaggio. Si doveva iniziare una nuova saga dopo questo film, ma sembra che per il momento il giudice Dredd troverà il meritato riposo…

 

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