L’ultima ruota del carro: recensione film

IL NUOVO FILM CALDERONE DI VERONESI

URDC_PosterGENERE: dramedy

DATA DI USCITA: 14 novembre 2013

DURATA: 113’

VOTO: 2,5

La quinta ruota di riserva del carro che si teneva per le emergenze nei viaggi più lunghi veniva detta ultima ruota ma dato che gli antichi mezzi di locomozione non andavano incontro a un alto tasso di emergenza a questa ruota non veniva data la benché minima attenzione.

Ernesto (Elio Germano) è stato tacciato dal suo stesso padre come ultima ora del carro fin da giovane quando lo aiutava nel suo lavoro di tapeziere, pur non essendo dotato, e da allora non ha mai cercato di innalzarsi in nulla ma ha sempre seguito gli eventi i consigli e le raccomandazioni della gente che gli stava attorno trovando sollievo solo e unicamente nell’amore di Angela (Alessandra Mastronardi).

Giovanni Veronesi, a differenza di Ernesto, con il suo ultimo lungometraggio cerca di innalzarsi discostandosi dal genere puramente comico che l’ha sempre contraddistinto per buttarsi in una dramedy i cui tempi narrativi vengono sottolineato da eventi importanti della storia nostrana come l’omicidio Moro, la vittoria dei mondiali dell’82, tangentopoli, l’avvento e l’affermarsi di Berlusconi. La storia di una persona qualunque, con una vita qualunque, come quella del protagonista di L’ultima ruota del carro va dunque di pari passo con un paese qualunque e qualunquista come l’Italia e come la pellicola che Veronesi dirige.

La presunzione del cineasta di voler inserire nel suo lavoro troppe tematiche importanti, troppe storie, anche belle nel loro inizio ma buttate via durante il racconto – come ad esempio il rapporto tra il protagonista e il suo genitore che viene solo sfruttato per giustificare il titolo del film – troppa emotività gestita malamente e, nel frattempo, il tentativo di Veronesi di non voler perdere comunque la verve comica che da sempre ha caratterizzato i suoi lungometraggi fa si che L’ultima ruota del carro sia, di fatto, un calderone forte solo delle grandi interpretazioni di Elio Germano e Alessandro Haber che mettono in scena la migliore story line dell’intero film dove si salva e viene sviluppano in maniera compita solo il loro rapporto di amicizia.

Si ride, ci si commuove, si pensa, si ha voglia di uscire dalla sala: le emozioni che il film consegna allo spettatore sono tante e poco amalgamate ma sul finale gli sprazzi di bello che lungometraggio ha regalato cedono il passo a una sensazione incolmabile di essere stati spettatori di pura banalità da grande schermo.

Il tentativo di voler inserire anche forti polemiche politiche all’interno di un intreccio già complesso, seppure le scene ad hoc non risultano banali ma comunque forzate, non fa altro che appesantire una storia già piena di lacunosa.

Il film prende spunto dalla storia vera di un uomo come tanti e forse lo fa con un po’ troppa forza in quanto, nelle ingenuità nel suo finale buttato via, si riduce ad essere anch’esso un’opera come tante della quale nessuno sentiva il bisogno

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