The counselor – Il procuratore: recensione film

IL PROCURATORE È UNA TRAGEDIA DEI NOSTRI TEMPI DOVE LA REGIA DI SCOTT È ALLA MERCÈ DEL PULITZER MCCARTHY

The counselor - Il procuratoreGENERE: drammatico

DATA DI USCITA: 16 gennaio

DURATA: 117′

VOTO: 3,5 su 5

Le cose accadono, semplicemente: ecco la grande –banale e inaccettabile – verità che Il procuratore, ultima fatica di Ridley Scott sceneggiata dal Premio Pulitzer Cormac McCarthy, mette al centro del suo lungometraggio. Ma, come dice Malika (Cameron Diaz) in una delle prime scene del lungometraggio, la verità non ha temperatura ed è forse per questo che spiazza alla visione di un film che, a un primo sguardo, sembra essere solo la complessa storia di un’operazione di droga non andata a buon fine ovvero l’ennesimo lavoro in cui trafficanti e costosissime puttane si ritrovano, nei momenti morti d’azione, a discutere sull’esistenza e sui massimi sistemi per tentare di dare un tono a un lungometraggio come tanti altri.

Un avvocato (Michael Fassbender) da sempre stimato vede improvvisamente andare in rovina la sua vita e la sua carriera e decide allora, per curiosità, di cimentarsi, con la presunzione di poterne uscire, nel circolo della droga mettendosi in affari con Reiner (Javier Bardem), un suo conoscente affiliato alla malavita, e accetta la proposta di prelevare un carico di cocaina del valore di 20 milioni di dollari oltre il confine messicano, affiancato da un poco di buono di nome Westray. Ma, contro ogni previsione, sarà inevitabile per l’avvocato essere risucchiato nell’abisso di quel mondo.

Aristotele, nella sua Poetica, affermava che la situazione più adatta per dare vita a una tragedia è quella di un uomo che non abbia qualità fuori dal comune né per virtù né per giustizia, e che si ritrovi a passare da una condizione di felicità ad una di infelicità, non per colpa della propria malvagità, ma a causa di un errore: questo accade in Il procuratore dove il protagonista – figlio della penna di uno scrittore e quindi della letteratura e delle sue metafore – come ogni Uomo (e non è un caso che il suo nome non verrà mai svelato) che si rispetti porta su di se il peso della condizione umana da sempre e per sempre a un bivio. Da sempre e per sempre in balìa del fato.

Si può essere concordi o meno con tale visione dell’esistenza ma resta il fatto che è questo ciò che Il procuratore racconta attraverso la sua complessa sceneggiatura e i suoi continui dialoghi che non fanno altro che sottolineare quanto, in questo caso, il film sia composto da immagini funzionali alle parole di McCarthy: peccato di hýbris che solo Scott poteva fare reinventadosi, con coraggio, presunzione e rischio, un’altra volta senza essere – da molti – capito e apprezzato.

La morale forte del sotto testo, l’eccesso della scrittura che fuoriesce dai dialoghi, le verità sulle quali si preferisce soprassedere ma che raccontano con crudeltà quel che siamo diventati e il continuo flusso di coscienza di ogni personaggio rendono Il procuratore un film complicato e che mette al centro delle vicende, ingarbugliate da una trama dove i ruoli prestabiliti cambiano in continuazione, l’Uomo per quello che è. Un lavoro straordinario di cinema, letteratura e superbia. Per chi lo sa capire.

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