Allacciate le cinture: incontro con Ferzan Ozpetek ed il cast

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‹‹Agli uomini non fa schifo proprio nulla››, ‹‹si guardarono con affetto negli occhi e io capì che quello era l’amore vero››. Ferzan Ozpetek racconta il suo Allacciate le cinture

Tornerà sul grande schermo il prossimo 6 marzo Ferzan Ozpetek con il suo Allacciate le cinture. Un dramma che vuole parlare di vita e lo fa guardando in faccia la morte. Un dramma che racconta un grande amore, di quelli che durano nel tempo, nelle difficoltà, di quelli tremendamente sbagliati ma irrimediabilmente giusti. Ancora una volta il regista italo-turco porta sullo schermo il suo tocco sensibile e la sua ironia che asciuga le lacrime sul viso.

Allacciate le cinture, come nasce la scelta di tale titolo?
F.Ozpetek: Nella vita arrivano sempre delle turbolenze e allora bisogna essere pronti ad allacciare le cinture di sicurezza. Io poi sono un gran pessimista-scherza il regista- anche quando sono felice attendo sempre la catastrofe. Pensate che ogni notte mi sento un male diverso che poi la mattina sparisce, ormai mi alzo in silenzio visto che il mio compagno non ce la fa più a sopportare la mia ipocondria.

Cosa pensa lei del suo ultimo lavoro e cosa ha voluto raccontare?
F.Ozpetek: Trovo sempre difficile parlare di un film appena fatto, ho voluto raccontare l’amore e l’amicizia quei sentimenti che ci salvano sempre. Poi arriva la malattia, la vera turbolenza e nella seconda parte il film diventa più drammatico. Circa sei anni fa feci una cena per una mia amica che non stava bene, e che era fisicamente molto cambiata. Durante la serata le chiesi se lei e il marito avessero ancora rapporti. Lei mi disse: ‘pensa, ci prova ancora. Agli uomini non fa schifo proprio nulla’. Subito dopo lei e il suo compagno si guardarono con affetto, e io capii che quello era l’amore vero. Ho voluto raccontare il tempo che passa, la mia ossessione, ma soprattutto ho voluto raccontare la vita.

Dopo una pausa lei torna al fianco di Ferzan Ozpetek, come è stato lavorare nuovamente insieme?
Gianni Romoli: Io e Ferzan avevamo fatto insieme cinque film e poi ci siamo separati, c’è stata un’interruzione del rapporto durata quattro anni ma non è stata un’interruzione del rapporto personale. Mi ha detto quale era la sua idea e io ho iniziato a scrivere un soggetto che ruotava su un gruppo di amici. Lo ha letto che era ancora una bozza ma dovevo capire se la direzione da me presa fosse corretta. Più che un cambiamento questo mi sembra uno sviluppo, una summa sia artistica che emotiva di quello che avevamo fatto insieme in cinque film.

Molti i commenti negativi sulla scelta di Francesco Arca, perché ha voluto scommettere su di lui?
F.Ozpetek: Dopo quattro provini, due dei quali erano attori importanti, ho trovato Francesco e subito ho capito che era giusto per il personaggio di Antonio sia negli occhi che nell’atmosfera

Come si è trovato a vestire i panni del protagonista interpretando un ruolo tanto difficoltoso?
Francesco Arca: Fare il provino per Ferzan è stato una vera via crucis. L’ho fatto più volte nel corso di un mese, mi sentivo costantemente sui carboni ardenti. Dopo ho solo pensato a lavorare, penso di essere stato umile e un buon soldato, mi sono completamente lasciare guidare, alla fine è stata una passeggiata, con registi come Ferzan non si fa fatica.

I personaggi in questo film sembra che scelgano gli attori e non il contrario. Quale è stato il vostro rapporto con essi?
Kasia Smutniak: La prima volta che ho incontrato Ferzan è stato due anni prima l’inizio delle riprese , mi ha raccontato una storia, non aveva ancora una sceneggiatura. Allacciate le cinture è arrivato nella mia vita con un perfetto tempismo, ho sentito la storia molto vicina. Mi è piaciuta l’importanza data al tempo, alle piccole cose, ai gesti quotidiani che sono quelli a creare la felicità. Nel film il mio personaggio guarda negli occhi l’Amore e la Morte, e sono quelli i momenti nei quali rientri in te stesso e riesci a vederti.
Filippo Scicchitano: Sicuramente questo è stato un ruolo impegnativo, la parte più difficile, essendo così giovane, è stata invecchiare.
Paola Minaccioni: Sono stata portata anch’io all’eccesso. Sono felicissima di aver avuto la possibilità di interpretare questo ruolo, un ruolo meraviglioso in cui un’attrice non si deve preoccupare di tante cose, soprattutto del trucco. A differenza degli altri personaggi il mio si accorge troppo tardi che doveva fare delle cose nella sua vita.
Carolina Crescentini: Non so se è stato il mio personaggio scegliermi, spero di no perché il regista sul mio personaggio non ha fatto altro che dire cose brutte. Sono stata felicissima di aver lavorato di nuovo con Ferzan, con lui si lavora mille volte meglio, ti fa prendere confidenza con la location e poi ci si diverte e quindi non hai mai il momento “cervellotico” dell’attore”.
Luisa Ranieri: Il personaggio di Maricla per me è stato un incontro pazzesco, quando ho letto una mia scena ho detto di sì senza pensarci un attimo. Poi abbiamo lavorato sulla mia fisicità e per la prima volta Ferzan ha valorizzato e enfatizzato il mio corpo.

La vostra è una coppia ben affiatata, due personaggi ironici che stemperano con un sorriso il dramma
Elena Sofia Ricci: Venivo dal fortunato personaggio di zia Luciana in Mine Vaganti e quindi non nego che la paura c’è stata. Ogni volta mi trovo così bene sul set con Ferzan che anche se non mi sceglie per il prossimo film vado lo stesso, anche per portare i caffè.
Carla Signoris: Tutti abbiamo provato questi sentimenti o abbiamo avuto paura di provarli. Ricordo il dolore per la morte di mio padre. Ridere e piangere difronte ai drammi sono la stessa cosa, il mio personaggio e quello di Elena sono solo un alleggerimento a tale dolore.

 

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