Presto farà giorno: recensione film

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PRESTO FARÀ GIORNO, OPERA PRIMA DI GIUSEPPE FERLITO, È UN AGGLOMERATO INCONGRUENTE E DISORIENTATO SU QUELLI CHE SONO I RAPPORTI UMANI DI UNA GIOVANE E SPAVENTATA RAGAZZA

https://www.filmforlife.org/wp-content/uploads/2014/03/presto-farà-giorno-locandina.jpgGENERE: drammatico

DATA DI USCITA: 20 marzo

DURATA: 94’

VOTO: 1,5 su 5

I registi alle prese con la fatidica opera prima cercano di mettere nel loro film tutto il linguaggio audiovisivo a loro caro: l’ispirazione, spesso e volentieri gli omaggi, e ancora riempiono la sceneggiatura, e quindi la colonna portante di tutto, di moltissimi, disparati, elementi che vanno – o andrebbero – a comporre la loro prima pellicola, lo svezzamento verso quello che, si spera, sia il loro futuro, tassativamente dietro la macchina da presa, da protagonista, a dirige quelle storie che, magari, per troppo tempo, sono rimaste solo un sogno. I confini che dividono il troppo dal poco – senza considerare quelli fondamentali dell’equilibrio, molto spesso non rintracciabili nemmeno nei ”grandi film” – sono, ahinoi, assai labili e ci vuol davvero poco per far diventare il primo film un contenitore di intenzioni travisate e sprecate. Questa teoria non è applicabile solo al cinema, però, ma anche, e in modo ancor più grave, in alcuni aspetti della vita, quelli che tendono a semplificare le emozioni cupe di un individuo, si tenta di guarirle nei modi più improbabili e assurdi, finendo, il più delle volte, a peggiorare la situazione.

Questo è quello che succede alla giovane Mary (Ami Codovini) che viene presa e rinchiusa in una clinica psichiatrica, in seguito a un collasso dovuto all’abuso di droghe. La ragazza, da sempre in conflitto con una madre (Chiara Caselli) troppo impegnata e poco amorevole, è innamorata di Loris (Valerio Morigi), che cerca di far soldi attraverso lo spaccio, aiutato dal suo amico Cris (Ludovico Fremont). Mary, nella clinica, scoprirà un mondo che, in qualche modo, la farà tornare in contatto con la distante madre, dandole così la giusta fiducia nella vita.

Giuseppe Ferlito scrive e dirige il suo primo lungometraggio, Presto farà giorno, un film in cui giochi di regia, dramma e tonalità cupe giostrano su di una storia che prende la via più complicata e difficile per risolvere e in qualche modo illuminare l’ombra che gira attorno ad una ragazza comune, con i problemi di moltissime altre adolescenti identiche ad essa, sole e abbandonate dalla famiglia, che cercano rifugio e riparo nello sballo esterno, quello fatto senza cognizione di causa, per noia e non per vizio, alla ricerca di un aiuto che dovrebbe provenire dalle persone che hanno accanto, quelle vere, e non da corrugati parentali incontrati nei modi e nei tempi sbagliati. Proprio il modo ed il tempo, elementi fondamentali del cinema, sono le lacune che possiede Presto farà giorno, una pellicola che, scenda dopo scena, diventa sempre più un agglomerato incongruente e disorientato su quelli che sono i rapporti umani di una giovane e spaventata ragazza, travisando, per l’appunto, quelli che sono i bisogni e i sogni di un’esistenza che pian piano sembra sgretolarsi in funzione di qualcosa di latentemente inutile nonché eccessivo, spinto ed inserito in un cinema troppo stretto che vuol mostrare quello che non esiste.

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