Cannes 67 – The search: recensione film (in concorso)

CON THE SEARCH HAZANAVICIUS TORNA AL SONORO SENZA DIRE NULLA

The searchGENERE: drammatico

DATA DI USCITA: n.d.

DURATA: 209’

VOTO: 2,5 su 5

Il peso sul groppone di Michel Hazanavicius dopo il Premio Oscar per The Artist doveva essere proprio tanto, forse troppo, forse eccessivo al punto che il cineasta francese alla sua opera da solista (nel 2012 ha co-diretto con altri cineasti la corale pellicola Gli Infedeli) dopo il pluripremiato lungometraggio del 2011 è crollato.

Con The Search Hazanavicius tenta di raccontare, per la prima volta in un’opera cinematografica di finzione che vede come protagoniste star anche di un certo calibro, il primo anno della seconda guerra cecena del 1999 e lo fa attraverso una narrazione corale che vede come story line principale quella di un bambino alla ricerca di sua sorella unica superstite dell’esecuzione che ucciso il resto della sua famiglia ma che poi si dirama anche nel racconto una funzionaria della commissione per i diritti umani dell’Onu e di quella di un soldato russo durante il suo addestramento.

Lo scopo del regista in The Search era sicuramente quello di unire un racconto a quattro sguardi, e quindi a tutto tondo, dei malefici della guerra alla dinamicità dell’azione forte di spettacolari immagini ma di tre tappe fondamentali per la completa riuscita di un lungometraggio di tale genere Hazanavicius ne ha perseguita in maniera solo una: le immagini di The Search e la sua regia sono perfetta il problema è che l’unica cosa che riesce a dire il film attraverso un insieme di racconti banali dove il più interessante è quello che vede come protagonista il soldato, è che la guerra cecena non è stata cosa buona e giusta e che i russi sono colpevoli di tale atrocità.

Non c’è introspezione, non c’è un’interessante visione delle cose che vada oltre il bene il male, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Non c’è maturità in The search ma solo tanto dolore ben mostrato e un budget da 22 milioni di dollari che appare, in sostanza, sprecato nel peggiore dei lavori di un regista che ha saputo dare il massimo nel silenzio di un film muto sopravvalutato.

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