Cannes 67 – Captives: recensione film (in concorso)

CAPTIVES, IL NUOVO THRILLER DI ATOM EGOYAN CHE STAVOLTA RIESCE A METÀ

CaptivesGENERE: thriller

DATA DI USCITA: n.d.

DURATA: 113’

VOTO: 3 su 5

È come se non vi fosse più alcuna concezione né di spazio né di tempo per i protagonisti di Captives, il nuovo thriller di Atom Egoyan, che mira a raccontare la terribile storia di un rapimento e le ripercussioni che l’atto criminale ha sulla vittima e sulla sua famiglia che vive in un limbo nero dove l’ancora del passato ricordo è l’unico conforto per poter affrontare un futuro di ricerche troppo spesso state vane.

Cassandra è una pattinatrice il suo destino segnato dall’orrore viene mostrato allo spettatore dal cineasta armeno in un montaggio serrato che unisce diversi livelli temporali  di che era una bambina ma che poi, in ben otto anni di forzata detenzione, è divenuta donna in un bunker che la nasconde dalla luce del sole e dall’amore dei suoi cari.

Il lungometraggio si divide nettamente in due parti: una estremamente dinamica dove spezzoni di accadimenti devono essere, come un puzzle, ricostruiti dalla mente dello spettatore che si ritrova, piano e immagine dopo immagine, faccia a faccia con la crudeltà più pura, e una seconda sottotono dove frettolosamente si avvia verso una chiusa banale e mal gestita.

Egoyan stavolta fallisce o, quantomeno, riesce a metà ed è un peccato perché anche il cast, capitanato da un bravo Ryan Reynolds, e l’ambientazione nel gelido Ontario erano estremamente funzionali alla storia che inizia con troppo mordente e poi si perde, quasi fosse stata anch’essa rapita.

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