David di Donatello 2014: quando il cinema snobba se stesso

POLEMICHE E STRASCICHI SULLA CONDUZIONE AFFIDATA AL COMICO RUFFINI

9865daa0-f14b-11e3-9414-8b334a474177_paolo-ruffini-david-donatello-2014Fatica a placarsi, a quasi 48 ore dalla premiazione ufficiale, la polemica mediatica nata in merito alla conduzione del comico Paolo Ruffini dell’edizione 2014 dei premi David di Donatello.

Il principale riconoscimento italiano dedicato alla settimana arte, equiparabile ad un premio Oscar “nostrano”, ha decretato due giorni fa vincitori e vinti di una stagione cinematografica che ha visto trionfare l’Italia su più fronti. Su tutti l’Oscar per La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino come miglior film straniero, ma più recentemente anche la vittoria di Alice Rohrwacher con Le Meraviglie al Festival di Cannes.

Eppure quella che doveva essere la serata di celebrazione del cinema made in Italy si è trasformata nella gogna mediatica “twitteriana” e social nei confronti del conduttore e delle scelte editoriali della RAI. Il capo d’accusa principale per il presentatore Paolo Ruffini, front man della trasmissione comica del Colorado di stampo Mediaset, chiamato a condurre insieme all’attrice Anna Foglietta, è stato quello di dare nel ritmo della serata una impostazione nazional-popolare. Più vicino ad una sagra di paese che ad un appuntamento dai toni semi istituzionali.

Ha destato quindi scalpore la battuta del comico-presentatore all’introduzione della diva Sofia Loren, che veniva accolta sul palco con un “sei una topa pazzesca”, chiaro riferimento alle origine toscane, per la precisione livornesi, di Ruffini.

Il quale in quel momento cercava senza dubbio di fare un complimento alla ancor bellissima attrice, ma le parole scelte per l’occasione risultavano ai più, compreso chi scrive, decisamente fuori contesto. Il critico Aldo Grasso si è buttato a capofitto nella mischia arrivando a dichiarare sulle pagine del corriere che: “ …dopo simili scene, non lamentiamoci se lo Stato taglia i fondi al cinema”.

Questa presa di posizione sembra decisamente esagerata e di certo non si possono far ricadere tutti i mali del cinema italiano su una battuta, seppur fuori luogo detta da un presentatore che, curriculum alla mano, era stato scelto dai vertici RAI, anche e soprattutto nel tentativo di dare nuova linfa ad un gala ormai stanco e ripetitivo, emblema di un cinema italiano troppo teso a celebrare ed incensare i suoi autori più “alti”.

Quello che è apparso evidente ancora una volta è stata l’eccessiva auto referenzialità di un certo tipo di registi e attori considerati di “serie a” nel nostro panorama. Il cinema cosiddetto “popolare”, o per essere più chiari di serie B, non trova e non può trovare spazio in queste manifestazioni.
E la presenza di Sorrentino in tale contesto ha senso per lo stesso solamente in previsione di un sua celebrazione, non certo per rispondere alla pur legittima domanda del solito Ruffini sull’importanza della distribuzione. Liquidata con poche e scarne parole, sintomo di un malessere di fondo e di uno snobismo intellettuale che troppo spesso accompagna i principali protagonisti del settore.

Ma non dimentichiamo che il film più visto dell’anno, e di sempre, è stato Sole a Catinelle di Checco Zalone, con ben 53 milioni di euro di incassi. Senza queste cifre importanti fatte incassare alle produzioni italiane da film come questo, definiti comici, la nostra industria di settore sarebbe in una crisi ben più profonda di quella in cui si trova ora e molto probabilmente non saremmo qui a festeggiare un anno di successi.

A quasi nessuno importa che il binomio Grande Bellezza – Capitale Umano abbia portato a casa i principali riconoscimenti.
Il popolo sovrano si è soffermato e ha puntato il dito sulla polemica del giorno. Anche questo deve farci riflettere su che tipo di spettatori siamo e su cosa vogliamo vedere tanto in sala quanto nelle manifestazioni ufficiali.

Ed a proposito di spettatori ed ascolti la serata trasmessa in diretta su Rai Movie ed in differita su Rai 1 ha registrato un discreto successo di pubblico con il 12% di share. Cerchiamo quindi di aprire gli occhi di fronte al tentativo, in parte mal riuscito, di dare una sterzata decisa al tono di questa rassegna. Non si può apprezzare il selfie in diretta alla cerimonia degli Oscar e disprezzare tout court i seppur maldestri tentativi dei nostri presentatori di riferimento.

Ovvio che la strada sarà ancora lunga e ampiamente perfettibile, ma non dimentichiamo che la sperimentazione, anche in questo ambiente dovrà pur iniziare da qualche piccolo passo falso. E se poi durante la diretta si eviteranno gaffe come quella già citata o come quella della Golino, che entrata in ritardo in sala per andare a sedersi impallava la telecamera principale, sarà tutto di guadagnato.

F.B.

 

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