Synecdoche, New York: pro e contro

LA REDAZIONE SI DIVIDE SUL FILM DI KAUFMAN, ULTIMO LAVORO INEDITO DI PHILIP SEYMOUR HOFFMAN

Caden Cotard, regista teatrale malinconico e malato, vince un importante premio per i meriti suoi. La carriera sembra andare bene, il suo genio produce opere apprezzate dallo spettatore ed il premio vinto gli darà la possibilità di mettere in piedi uno spettacolo innovativo, imponente, inarrivabile, enorme. Lo spettacolo durerà tutta la vita, ricrea la sua vita in una Shenectady in miniatura all’interno di un magazzino. All’interno vi recitano tutte le persone da lui incontrate ed alla fine sostituirà se stesso usando uno stalker che lo pedina da anni. Il tutto mentre la sua famiglia si sfascia.

SynecdocheNewYorkCome valuti la prova di Philip Seymour Hoffman ?

MAX ROMUALDI: Validissima, sin dai primi momenti si percepisce come il destino dell’attore sia segnato. Interpreta benissimo la parte dell’uomo malinconico ed eternamente malato, quello vittima degli eventi, sfortunato come pochi. Un Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento rappresentati da una moglie (o meglio ex moglie) distante ed una figlia persa, lontana ed irraggiungibile.

VALERIA VINZANI: Hoffman veste i panni del patologico per eccellenza, realizzando una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Un personaggio complesso e stratificato è infatti quello di Caden, un uomo brillante e sconcertante insieme. E’ la manifestazione della parte emotiva e psicolabile di ognuno di noi, quella a cui ci lasciamo andare quando non vediamo altro che nero.

Lo consiglieresti ?

MR: Purtroppo no, se da un lato Charlie Kaufman dirige un film dall’intreccio narrativo forte, un film dedalico ricco di colpi di scena.. dall’altro la pellicola risulta fin troppo surreale. Ho trovato fin troppo eccessive la casa incendiata di Hazel o i minuti finali della pellicola, il susseguirsi di morti, quindi il voler cercare ad ogni costo il colpo di scena e una fine che avrebbe potuto inserirsi una mezz’ora prima.

VV: A tratti un flusso di coscienza indecifrabile, a tratti una geniale messa in scena del dramma umano, ci troviamo davanti ad una magnifica (e quindi consigliatissima) storia di un uomo che vede scivolarsi la vita dalle mani e tenta inesorabilmente di correrle dietro, non capendo che proprio quello lo porterà nell’abisso più totale. Una disperazione del nuovo millennio che vedrà l’empatia con molti degli spettatori.

Mantiene lo stile di Kaufman?

MR: Alcune scene le ho trovate difficoltosa da seguire, volutamente ricercate, volutamente realizzate in quel modo. Personalmente avrei puntato più sul contorno, è aperta una parentesi lunghissima sul cambiamento dell’America, una specie di dittatura fa da sfondo e rimane sfondo non del tutto spiegato. Il prodotto finale risulta parecchio contorto, ha senza dubbio una sceneggiatura ed una scenografia d’effetto come imponente è la recitazione ma a mio avviso la pellicola ha un grosso difetto quella di essere un “brodo” allungato.

VV: Il genio di Kaufman prende vita nella verità caotica di un mondo enigmatico, dove la realtà viene continuamente mescolata alla finzione, in un incessante dualismo narrativo provocatorio e decisamente destabilizzante. Come gli attacchi di nevrosi improvvisi di cui Caden è vittima, così anche la vita è imprevedibile e incontrollabile. La regia e la sceneggiatura rendono perfetto un film fragile solo all’apparenza.

 

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