Patria: recensione film

TRE OPERAI E UNA STORIA, QUELLA DELLA NOSTRA PATRIA

patria_locandina_filmforlifeGENERE: commedia

DURATA: 88 minuti

DATA DI USCITA: 26 febbraio 2015

VOTO: 3 su 5

Ci sono battaglie che per essere vinte chiedono aiuto al cielo, come quelle sempre più spesso combattute da operai che sfidano ogni tipo di altezza per far valere i propri diritti. È quasi cronaca quotidiana, e per questo non sempre degna di essere raccontata. Felice Farina prende in prestito proprio la disperazione coraggiosa di chi sta per perdere il posto di lavoro e fa raccontare da tre tra le tante vittime degli ultimi 20 e passa anni di storia quello che è accaduto nel nostro paese dal 1978 a oggi usando il testo di Enrico Deaglio, Patria, come filo conduttore delle cause e degli effetti che ci hanno portato in questo presente.

La notizia che l’ennesima fabbrica torinese sta per chiudere spinge una delle sue tute blu, Salvatore (Francesco Pannofino), a salire su una torre per protestare contro tale ingiustizia. La decisione di Salvatore sembra una follia a Giorgio (Roberto Citran), rappresentante sindacale e amico dell’operaio, che nel tentativo di far ragionare il collega si ritrova anch’esso a passare la notte in un nolente sit in. Al bizzarro duo, nell’arco della serata, si aggiunge anche l’ipovedente e autistico custode che tenta a suo modo di aiutare i protagonisti portando loro dei viveri.

Patria di Felice Farina è un lungometraggio tutto ambientato nell’arco temporale di sole 12 ore ma che, allo stesso tempo, ripercorre, dall’assassinio di Moro all’ascesa al potere politico di Berlusconi, gli anni più salienti della nostra storia contemporanea. Mentre i tre protagonisti sospesi nel vuoto della paura di non avere più un dignitoso domani attendono l’arrivo della televisione, unico mezzo che secondo loro è in grado di dare voce alle loro richieste e di farle arrivare anche più in alto della loro attuale posizione, il tempo passa tra racconti di vita legati a quelli di cronaca, tra i battibecchi politici che vedono Salvatore e Giorgio credere in due fazioni politiche diverse ma entrambe, ad oggi, deludenti.

I due operati uniti nella stessa condizione di precariato sono una sorta di Don Camillo e Peppone dei nostri tempi e il loro continuo scontrarsi non vede all’orizzonte nessun vincitore, ma tanti vinti.

Felice Farina dirige un film politico e attualissimo che ha rinunciato, poco prima di essere concluso, a buttarsi in un finale tragico lasciando spazio a una speranza che magari sgretola il pathos del suo lungometraggio ma ai cuori di chi lo guarda fa davvero bene. Anche se del cinema si conosce la finzione.

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