Maze Runner – Il Labirinto: recensione

MAZE RUNNER, UN’ALTRA SERIE SUL MONDO DISTOPICO VISTO DALLA GENERAZIONE YOUNG ADULT

MAZE_RUNNER_poster_CampB_70x100GENERE: azione/fantascienza

USCITA IN SALA: 8 ottobre 2014

DURATA: 113’

VOTO: 3,5 su 5

Il sedicenne Thomas si risveglia nel panico all’interno di un ascensore. Una volta arrivato in cima, si trova insieme ad un gruppo di ragazzi, più o meno della sua stessa età, che lo accolgono nella Radura; anche Thomas, come il resto del gruppo, non ricorda nulla della loro vita passata. Essi non sanno chi sono i loro genitori, e perché siano arrivati lì; l’unica certezza è l’esser circondati da mura e porte imponenti di cemento che si aprono ogni sera per poi richiudersi al tramonto. È il Labirinto a circondarli, un luogo inospitale, governato dai letali Dolenti, a cui nessuno è sopravvissuto. L’arrivo di Thomas nella piccola comunità non è un segreto, in quanto ogni trenta giorni viene inviato un nuovo membro da fuori del Labirinto; la cosa inaspettata, invece, è il ritorno della cabina dopo non meno di una settimana, con all’interno Teresa, la prima ragazza a giungere nella Radura.

A primo sguardo, Maze Runner – Il Labirinto può paragonarsi ad altrettante saghe post-apocalittiche distopiche, come Hunger Games e The Giver. Si tratta della generazione young adult, in un mondo in cui gli adolescenti si trovano in bilico tra l’essere giovani e il diventare grandi, e il modo per affrontare questo passaggio è attraverso gli ostacoli, la scelta tra il bene e il male, che determinerà se sono eroi o meno. Maze Runner ha in comune col suo antecessore Hunger Games il suo leader: se in quest’ultimo c’era la ribelle Katniss a guidare il suo popolo verso la libertà, nel Labirinto troviamo Thomas. Spinto dalla notevole curiosità, sarà lui a ridare speranza alla comunità di ragazzi, credendo fermamente che ci sia una vita d’uscita oltre quelle mura cementate. Come in The Giver, anche qui è forte il tema dell’importanza del passato e della memoria, in contrapposizione con un presente che sembra idilliaco (il verde della Radura che esprime apparente tranquillità), ma che nasconde insidie (il Labirinto popolato dai Dolenti).

Il velocista del titolo originale è colui che riesce ad attraversare il Labirinto e farne ritorno al tramonto, prima che le porte si chiudano. Thomas sa che l’unico modo per attraversare quel luogo infernale è correre più veloce, e ci riesce dimostrando il suo coraggio. Una metafora di vita e di formazione, a significare che nella vita chi si ferma (resta nella Radura) è perduto.

Wes Ball debutta alla regia e nella trasposizione da libro a film crea un action-thriller, con effetti speciali visivi da far venire la pelle d’oca. Qualche mancanza nell’adattamento c’è, ma la trama resta lineare e comprensibile. Dylan O’Brien dà volto e anima al giovane protagonista, discostandosi di gran lunga dal suo personaggio della serie tv Teen Wolf; intorno a lui ci sono nomi noti al pubblico giovanile: Kaya Scodelario, che interpreta Teresa, Thomas Brodie-Sangster, Aml Ameen, Ki Hong Lee e Will Poulter.

Maze Runner – Il Labirinto è il primo libro della trilogia scritta da James Dashner, e il suo adattamento cinematografico ha sbancato i botteghini statunitensi con 32 milioni di dollari nella prima settimana.

 

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Linguista, aspirante giornalista, amante del cinema, malata di serie tv, in particolare dei crime polizieschi.