Soap Opera: recensione film

SOAP OPERA LA MEDRIOCRITÀ DELLA NUOVA COMMEDIA ALL’ITALIANA DERIDE LA FICTION MOSTRANDO IL SUO PEGGIO

locandinaGENERE: commedia

DATA DI USCITA: 23 ottobre

DURATA: ‘86

VOTO: 2,5 su 5

È un forte intreccio sentimentale e affettivo tra vari personaggi a caratterizzare da sempre il genere televisivo della soap opera che narra, attraverso primi piani e ambientazioni quasi sempre circoscritte agli interni, i risvolti melodrammatici derivanti dalle interazioni di persone che in un modo o nell’altro sono tutte legate tra loro.

In un condominio italiano di una città non meglio specificata la quiete degli abitanti viene sconvolta dal suicidio di ragazzo che recentemente si è trasferito nel palazzo. È così che le vite di Francesco (Fabio De Luigi) un uomo dalla vivace sessualità ma innamorato di Anna (Cristiana Capotondi), dell’amico Paolo (Ricky Memphis) – convinto di essere a sua volta infatuato di Francesco – e dell’attrice Alice (Chiara Francini) e dei fratelli Gianni e Mario (Ale e Franz), si mescolano con quella del Maresciallo Cavallo (Diego Abatantuono) e della ragazza della vittima Francesca (Elisa Sednaoui) in una romantica, malriuscita, commedia degli equivoci.

Alessandro Genovesi tenta di portare, e di contaminare con la commedia, il genere soap nel suo nuovo lungometraggio che, a scanso di equivoci, prende il nome proprio dal dramma storicamente nato in radio e dedicato a un target femminile.

Il lavoro del cineasta milanese, che utilizza nella sua regia i cliché tipici della fiction pour femme e che ha incentrato tutta la sua carriera sul cinema umoristico senza fare un passo avanti o indietro neanche in questa occasione, risulta essere un mediocre prodotto che ha la presunzione di prendere in giro i limiti di un certo genere televisivo stereotipando i protagonisti tra i quali l’unico che spicca con orgoglio è un Diego Abatantuono perfettamente a suo agio nei panni del carabiniere scritto e interpretato come se fosse il porta bandiera della veridicità di certi luoghi comuni divenuti poi barzellette da bar.

Il controsenso di Soap Opera sta proprio nel deridere, in alcuni punti anche con una certa grazia narrativa e con dei personaggi come quelli impersonati da Ale e Franz che prima del finale sono anche interessanti e ben gestiti dai due comici malinconici, una tipologia di fiction additandola come semplicistica e usando la modestia tipica di una certa commedia all’italiana paritaria, se non peggiore, nei contenuti all’oggetto criticato.

Soap Opera non è altro che il tipico lungometraggio natalizio per famiglie e, inconsciamente, ammette e palesa una verità dura da digerire per un’arte, la settima, importantissima nella cultura del nostro paese: senza avere tale scopo, il nuovo film di Genovesi dichiara che il cinepenettone e i suoi derivati più o meno volgari, più o meno sboccati, non solo altro che la versione per il grande schermo di quell’intrattenimento, nato come tale e ancora vivissimo grazie all’attenzione che pongono su di esse le varie ed eventuali casalinghe disperate, tipico di uno schermo che se grande non è affatto un motivo ci sarà.

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