FERMOIMMAGINE: DALLA GRAPHIC NOVEL AL FILM CON LEA SEYDOUX
Il blu è un colore caldo è l’opera d’esordio della fumettista Julie Maroh. Un graphic novel che nel tratto risente dei difetti di un’opera prima, ma che trova i propri punti di forza nell’intreccio e in una visione d’insieme limpida e toccante. La storia si articola tra presente e passato, per lo più raccontata attraverso i diari di Clementine: un’adolescente come tante, che un giorno rimane folgorata vedendo tra la folla i capelli blu di Emma.
Il loro amore cresce confrontandosi con l’accettazione della propria sessualità da parte di Clementine e la maturazione sentimentale di Emma, tra scontri e dubbi cancellati a poco a poco dalla passione. La giovane autrice sfrutta al meglio l’organizzazione delle tavole, illustrando i sentimenti dei personaggi attraverso incalazanti sequenze, alternate a puntuali primi piani e dettagli. Soltanto il presente è a colori, mentre il passato in seppia è costellato da pennellate di blu, filo conduttore dell’amore tra le due ragazze.
Lo straordinario successo in patria e nel mondo porta il graphic novel a diventare, nelle mani di Abdellatif Kechiche, il catalizzatore di un progetto sulla vita di un’insegnante francese che il regista conservava incompiuto da anni. Léa Seydoux viene scelta per il ruolo di Emma molto prima dell’inizio delle riprese e quando Kechiche trova in Adèle Exarchopoulos la protagonista ideale, nasce La vita di Adele, il film vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes 2013.
La pellicola non mantiene l’intreccio originario, ma si dispiega con la massima linearità, ricercando e ottenendo un realismo disarmante. La regia, mai invasiva, cura il montaggio e sceglie le inquadrature al solo scopo di far risaltare la naturalezza delle due protagoniste e la chimica tra di loro. Il risultato offre al pubblico lo studio quasi anatomico di un sentimento, osservato sin nei più reconditi dettagli dal suo timido sbocciare al suo declino.
Oltre alla storia tra le due ragazze, molti elementi passano dalla carta stampata alla celluloide. Alcuni vengono approfonditi, altri appena sfiorati: il mondo della scuola e le reazioni dei coetanei di fronte all’omosessualità di una compagna, la partecipazione all’impegno sociale nel mondo LGBT, il rapporto e il confronto con la propria famiglia. Ma il film sfrutta ogni spunto in una visione molto diversa da quella del fumetto.
Kechiche trascina le protagoniste fuori dal romanticismo letterario per calarle nella realtà dei sensi: le due figure acquistano spessore, appetiti e nuovi difetti e debolezze, trasformandosi profondamente. La vita di Adele non racconta una storia d’amore lunga e travagliata, ma una passione bruciante, radiosa ed effimera come gli anni dell’adolescenza. Una parentesi magica di completo coinvolgimento impossibile da ricreare, che, proprio a causa della sua violenza totalizzante, è destinata a esaurirsi e a spegnersi.
Di questa inevitabile evoluzione è testimone il colore blu: prima sempre presente tra le amanti, incarnato nei capelli e nei quadri di Emma, alla fine accompagna soltanto Adele mentre esce silenziosamente dalla scena, ondeggiando tra le pieghe del suo vestito. Non potrebbe esserci paragone più efficace per raffigurare la distanza tra il graphic novel e la pellicola di quello tra l’ultima inquadratura e la vignetta finale: la distesa del mare del Nord si concentra nella figura di Adele.