Palo Alto: inedito in Italia

L’ESORDIO ALLA REGIA DI GIA COPPOLA SUGLI SCRITTI DI JAMES FRANCO

palo_alto-2GENERE: drammatico

DURATA: 100 minuti

VOTO: 4 su 5

Presentato al Festival di Venezia nell’edizione del 2013, l’opera prima di Gia Coppola non ha poi trovato alcuna distribuzione in Italia, pur meritandosela enormemente. La pellicola è basata sulla raccolta di racconti di James Franco, intitolata “Palo Alto: Stories”, da noi pubblicata come In stato di ebrezza. Se Franco, oltre che produrre il film, s’impegna anche a firmarne, successivamente, il soggetto, la sceneggiatura è invece affidata alla stessa Gia.

In un’intervista, di qualche anno fa, nello show Inside the Actors Studio condotto da James Lipton, alla domanda del presentatore sulla possibilità che i suoi scritti fossero autobiografici (essendo, Franco, nato e cresciuto proprio a Palo Alto), il protagonista di 127 ore si limitava ad esprimere la sua volontà di raccontare una realtà che in pochi immaginano possa esistere nella ridente cittadina.

Ed è esattamente questo che, possiamo dire anche efficacemente, il film si prefigge di rappresentare. Nell’era di internet e dei social network, ci s’immagina Palo Alto come una ridente cittadina californiana all’avanguardia, in cui è ubicata l’ormai leggendaria Silicon Valley, ambizione massima per ogni buon programmatore informatico, praticamente il vero “sogno americano” degli anni 2000. Lo stesso anno dell’uscita del film, d’altronde, Vince Vaughn e Owen Wilson presentano The Internship (Gli Stagisti, 2013), diretto da Shawn Levy, dipingendo, appunto, in un’ottica decisamente più scanzonata e irriverente, i tempi moderni in cui a regnare sono precoci e geniali “nerd”.

Palo Alto, invece, mostra l’altra faccia della medaglia, ben più dura e disincantata. La locandina promozionale del film riporta la citazione “uno dei migliori film fatti sulla vita nei licei americani”. Protagonisti della trama, infatti, sono principalmente tre giovani adolescenti, April, Teddy e Fred, costretti a barcamenarsi tra la superficialità dilagante della loro generazione, alla prese con lussuriosi festini e pericolose pulsioni sessuali. Componente importante e cruciale, poi, il rapporto burrascoso e a tratti ambiguo con le figure genitoriali, come le inclinazioni accennate del padre di Fred, o comunque autoritarie, vedi il personaggio dello stesso Franco, all’inizio fonte d’ammirazione e, allo stesso tempo, di forte infatuazione per l’ingenua April.

Sarà proprio lo scontro con le delusioni riportate con amori, amici e parenti, che spingerà i tormentati ragazzi ad un finale segnato dalla raggiunta maturità condita da una triste e pessimistica consapevolezza, rappresentato al meglio dalla camminata al buio e in solitaria di Teddy sui titoli di coda. Dopotutto, l’altra citazione riportata dalla già citata locandina giudica l’opera, semplicemente, come “a knockout”, e in questo caso non renderebbe giustizia alcuna traduzione.

Il cast è d’eccezione, all’insegna, possiamo dire, dei “figli d’arte”. A partire dalla stessa regista, nipote di Francis Ford Coppola e della figlia Sofia, passando per una Emma Roberts (April), nipote di Julia, che domina sicuramente la scena con una performance indimenticabile, fino al convincente debutto di Jack Kilmer (Teddy), figlio di Val (presente anch’esso nella pellicola). Non va dimenticata, comunque, la forte e coinvolgente interpretazione di Nat Wolff (Fred), protagonista di una delle scene più riuscite e significative del film, col suo inquietante quanto struggente “I’m not Bob”.

Tecnicamente, la regia della Coppola deve molto, non solo, all’esplicita influenza della zia Sofia, omaggiata dal poster del suo Giardino delle Vergini Suicide, e, quindi, ad un certo canone del cinema indipendente che sta segnando gli ultimi anni, ma, probabilmente, anche allo stesso Franco, che oramai abitualmente sguazza tra un Sundance e un Tribeca (noti Festival di genere indie), alternandoli a produzioni ben più di grido e internazionali. Infine, va sicuramente reso onore all’azzeccata e suggestiva colonna sonora affidata a Devontè Hynes aka Blood Orange.

 

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