MCCARTHY E FUKUNAGA AFFRONTANO TEMI SCOTTANTI
Il Festival di Venezia prosegue proponendo pellicole importanti, di contenuto e denuncia sociale, spaziando nei generi e regalando interpretazioni magistrali di attori ormai famosi ed esordienti. In particolare, due film hanno messo sul piatto due temi molto duri da affrontare, quello della pedofilia nella Chiesa Cattolica e quello dei bambini soldato in Africa. Si tratta di Spotlight (fuori concorso), di Thomas McCarthy, classico film sull’inchiesta giornalistica, con un cast di grandi attori, Micheal Keaton, Mark Ruffalo, Rachel MacAdams e Stanley Tucci.
Raccontando la storia vera dell’inchiesta che il giornale portò avanti smascherando circa novanta preti pedofili nella sola città di Boston, il film colpisce per la profondità con cui l’orribile crimine viene descritto. Non si tratta solo di violenza fisica e psicologica, ma di azioni che hanno privato, derubato le vittime innocenti – i bambini – della loro fede, qualcosa di grande in cui spesso si investe e ci si rifugia. Il regista ha infatti raccontato del forte senso di responsabilità che ha sentito nel raccontare questi fatti e nella speranza che anche il suo film possa in qualche modo contribuire ad un processo di smascheramento del crimine di pedofilia da parte dei sacerdoti, e lo stesso Mark Ruffalo ha esortato Papa Francesco, dicendo “ci pensi lei”.
Ma se Spotlight ci racconta qualcosa di duro e difficile da accettare, attraverso un’inchiesta e alcune interviste alle ex vittime, Cary Fukunaga, regista di True Detective prima stagione, con Beasts of No Nation, tratto dall’omonimo romanzo, non lascia nulla all’immaginazione. La sofferenza cresce minuto dopo minuto, quando da una situazione di allegria e amorevolezza familiare, pur in un territorio devastato dalla povertà e dalle guerre, il piccolo Agu si ritrova solo nella giungla e viene catturato e addestrato alla guerra. Il regista non ci risparmia nulla: dalla tenerezza alla violenza piu’ inaccettabile, dall’amicizia pura tra bambini che devono però scegliere se salvare se stessi o veder morire un amico, ad orrende azioni di stupro.
Fukunaga ha il coraggio di raccontare, mostrare, con un uso sapiente della telecamera e della fotografia (che cura personalmente) tutto, fino allo sfinimento. Si esce dalla sala di proiezione frastornati e tristi, e si fa anche fatica a pensare quanto sia stato bravo l’esordiente Abraham Attah, scelto tra seicento ragazzini, per aver dimostrato di riuscire a tirare fuori l’emotività con disinvoltura di fronte alla macchina da presa. Abraham che in Africa ci vive davvero e che per fortuna non ha mai combattuto, ma che per piangere sul set pensava alle cose che lo rendono molto triste, della sua famiglia, e che racconta che Idris Elba, l’attore che interpreta il temibile capitano, gli faceva davvero paura all’inizio.
Vedere questi film nei giorni in cui i social sono pieni di foto di bambini senza vita sulla spiaggia, fa un certo effetto. Perché i fatti sono riprodotti sul set ma sono reali, perché quelle foto purtroppo non sono fiction, sono maledettamente vere, ingiuste. Ma bisogna avere il coraggio di guardarle, di andare a vedere questi film (Beasts of No Nation non sarà distribuito in sala, ma sulla piattaforma Netflix in arrivo anche in Italia), perché no, non ci si può girare dall’altra parte. Quei bambini sono anche nostri.