Julieta: recensione

ALMODÓVAR DIRIGE UN DRAMMA FAMILIARE FATTO DI SENSI DI COLPA, ABBANDONO E COLORI SATURI

30_03_2016_-JULIETA_70x100_DATA1-717x1024GENERE: drammatico
DURATA: 98 minuti
USCITA IN SALA: 26 maggio 2016
VOTO: 3,5 su 5

La musica incalzante, i colori saturi e i dialoghi costruiti con primi piani e campi e controcampi, danno a Julieta una dimensione soffocante dove i sensi di colpa taciuti diventano il celebre elefante nella stanza, verità e fatti scomodi nascosti dentro di sé si nutrono dei legami con gli altri, crescono e diventano bestie che fanno allontanare gli uni dagli altri.
Questi gli elementi con cui Pedro Almodóvar costruisce Julieta, titolo con cui il regista spagnolo si è presentato a Cannes 2016 e che rappresenta il suo ritorno all’universo femminile.

Julieta è una giovane insegnante che sul treno per Madrid conosce Xoan (Daniel Grao). Un evento sconvolgente unisce i due in una notte di passione dal quale nasce Antìa. Julieta e Xoan si riuniscono e vivono la loro vita fino alla morte di lui in un tragico incidente in barca. La perdita di una persona cara non unisce madre e figlia, ma le allontana gradualmente fino a quando, al suo diciottesimo compleanno, Antìa abbandona il ritiro cui stava partecipando senza dare nessuna spiegazione alla madre, per poi vivere nel silenzio più totale.

Coincidenze e casualità, la morte che sussegue la vita, che anticipa la morta. L’esistenza come una ruota che continua a girare senza mai poterla fermare o scendere. Entrare nella vasca da bagno come una venticinquenne e uscirne quarantenne, il tempo che scorre senza accorgersene, fino a quando non è troppo tardi. Questo è Julieta.

Almodóvar costruisce un dramma soffocante, avvolto in un alone di mistero. La costruzione per flashback, grazie anche all’interpretazione di Julieta da parte di due attrici, Emma Suárez nella maturità e Adriana Ugarte nella giovinezza della protagonista, aumenta la tensione a scoprire la causa dell’abbandono di Antìa.
Le uniche boccate di ossigeno vengono date dal personaggio di Rossy de Palma, l’anziana domestica di Xoan e Julieta, con le sue frasi secche e modi spiccioli strappa delle risate al pubblico, ma nello stesso tempo riesce anche a incarnare la figura mitologica delle Parche, pur tenendosi distaccata dalla vita dei due protagonisti sembra sapere quale sarà il destino di entrambi.

Julieta cerca di cancellare Antìa dalla propria vita vivendo una vita neutra, in un appartamento dai toni neutri, quasi un rifugio dal dolore profondo, selvaggio, espresso dalla carta da parati del primo, e secondo, appartamento di Julieta. Ma un incontro fortuito fa tornare la speranza a Julieta che torna a vivere nel vecchio quartiere da sola, per espiare quei sensi di colpa che l’hanno allontanata dalla figlia, aspettando e sperando che Antìa si rimetta in contatto con lei.

Almodóvar ripaga il pubblico dell’attesa, ma ora Julieta deve vivere nel presente che non è stato ancora scritto, e così, sulla via della soluzione del mistero, il regista spegne i riflettori su questo dramma familiare.

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