Ghost in the Shell: recensione

L’UNIVERSO CYBER-PUNK DEL MANGA DI SHIROW APPRODA AL GRANDE SCHERMO CON PROTAGONISTA SCARLETT JOHANSSON

ghost in the shell locandina

GENERE: azione, fantascienza
DURATA: 106 minuti
USCITA IN SALA: 30 marzo 2017
VOTO: 3,5 su 5

In un futuro non troppo lontano, caratterizzato da metropoli tecnologiche e luminose ma dall’animo oscuro, esseri umani e robot vivono fianco a fianco, con i primi che spesso si appropriano di parti dei secondi per potenziarsi e migliorarsi. In una di queste metropoli vive il Maggiore Mira, primo esemplare avente un corpo completamente robotico ma con un cervello umano. La donna, dotata di capacità fisiche fuori dal comune, è il capo squadra della Sezione 9, reparto speciale della polizia il cui compito è bloccare il terrorismo cibernetico. In una delle sue missioni, il gruppo incappa in Kuze, hacker astuto e spietato che sembra disposto a tutto pur di addentrarsi all’interno dei progetti top secret della Hanka Robotics, l’azienda che fornisce i suoi servigi per missioni governative. Ed è lavorando su questo caso che Mira inizia a sospettare della realtà, o meglio, di ciò che credeva fosse la realtà, intuendo che le cose non sono come sembrano e che, forse, anche la sua storia è diversa da come le era stata raccontata.

Ghost in the Shell è uno dei titoli più attesi di questo 2017: tratto dall’omonimo manga di Masamune Shirow (pubblicato in Giappone a partire dal 1989), il film ha l’arduo compito di convincere una schiera nutrita di fan e appassionati profondamente legata ai personaggi e alle ambientazioni originali della storia. Rupert Sanders – regista di Biancaneve e il Cacciatore – si fa carico di traslare per la prima volta in live action (dopo gli apprezzati film d’animazione diretti da Mamoru Oshii) l’universo cyber-punk immaginato da Shirow, facendolo convergere nel personaggio del Maggiore Mira, interpretato (non senza polemiche) da Scarlett Johansson.

Già nella natura della protagonista, dal cervello umano ma dal fisico artificiale, risiede l’elemento, ossia il contrasto, che costituisce il binario sul quale viaggia l’intero corpus della storia: anima e corpo, Ghost e Shell, umanità e tecnologia. Nella metropoli rappresentata da Sanders, dove i giganteschi cartelloni pubblicitari prendono vita cercando di attirare l’attenzione di passanti alienati, solo Mira sembra soffrire di questa dualità che caratterizza, in fondo, l’intero mondo che la circonda. Paradossalmente il suo personaggio, il meno “umano” della pellicola, sembra irradiare un senso di umanità maggiore rispetto agli altri, umanità che si traduce in una riflessione e in un ripensamento continui della propria condizione, caratterizzata da una perenne ricerca di una connessione con qualcosa che è altro da sé.

Sanders fonde il lato filosofico della vicenda, nucleo del lavoro di Shirow, in quello più propriamente d’azione: non mancano inseguimenti, sparatorie e lotte corpo a corpo (dove Mira ha modo di mostrare la sua straordinaria forza fisica che la rende un’arma letale e pericolosa), maggiormente apprezzabili grazie al 3D. La poetica del film però è lì, sotto la corazza da action movie, così come l’anima del Maggiore Mira è racchiusa dentro il guscio cibernetico costruito per lei.

La distopia immaginata da Shirow, e qui trasposta sul grande schermo, non è di certo una novità, così come l’evoluzione incontrollata del progresso tecnologico fagocitante ogni aspetto più tradizionalmente umano. Nonostante questo, Ghost in the Shell non risulta scontato o banale: contornati da luci e suoni di una città futuristica, gli interrogativi disseminati per tutta la pellicola sembrano trovare una conclusione nell’affermazione di ciò che si era inizialmente negato. Il contrasto corpo e anima, esterno e interno, espressione ed essenza appare risolto nel momento in cui subentra l’accettazione della sua esistenza, presa come condizione necessaria dell’essere umano.

Rupert Sanders costruisce intorno a questo centro tematico una struttura visiva articolata e attraente, un universo cyber-punk popolato da personaggi che, nel loro essere sperduti e nel loro eterno tentativo di sopravvivere alla quotidianità (sebbene costellata di avanzate e sofisticate innovazioni tecnologiche), non sembrano poi così distanti da noi.

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