Logan – The Wolverine: Recensione

UNO STANCO HUGH JACKMAN AFFILA LE LAME DI LOGAN PER L’ULTIMA VOLTA IN UN FILM MENO CINECOMIC E PIU’ INTROSPETTIVO

logan locandinaGENERE: azione, drammatico

DURATA: 128′

USCITA IN SALA: 1 marzo 2017

VOTO: 4 su 5

Nel 2029 la popolazione mutante è calata drasticamente e gli X-Men si sono divisi. Logan (Hugh Jackman), i cui poteri rigeneranti si stanno indebolendo, ora vive circondato dall’alcol e lavora come autista. Nel frattempo, si prende cura di un malato professor Xavier (Patrick Stewart), che tiene nascosto, al confine col Messico. Un giorno incontra una donna straniera che gli chiede di scortare sua figlia Laura (Dafne Keen) sino ai confini del Canada. In un primo momento, Logan rifiuta, ma Xavier lo convince a cambiare idea. Quella ragazzina possiede una forza straordinaria, molto vicina a quella di Wolverine. Difatti, è stata modificata geneticamente con il suo DNA. Per questo, Logan e Xavier intraprenderanno un viaggio per proteggere Laura e scortarla sana e salva, lontano dai membri di un’organizzazione molto potente che la vogliono rapire.

Logan, al secolo James Howlett, è stanco, sfinito. Appenderebbe al muro le lunghe lame che gli escono dalle mani se solo potesse. L’ultimo film dedicato al mutante degli X-Men più solitario e burbero è un ritratto introspettivo di un uomo, piuttosto che la rappresentazione glorificata di un supereroe – nomina che Logan non ha mai accettato, perché non si è mai considerato un leader vero e proprio. Gli anni della vecchiaia si fanno sentire sia sul tormentato protagonista che sul suo ex mentore, il professor X, diventato l’ombra di un uomo che un tempo si era battuto per la convivenza pacifica tra mutanti ed esseri umani. Dopo pellicole d’azione dedicate, James Mangold sceglie un taglio più intimo e malinconico su Logan, accompagnando lo spettatore verso l’addio definitivo del personaggio.

Come spesso è successo, l’ultimo film di una trilogia supereroistica diventa un capitolo conclusivo in cui l’eroe abbandona la sua corazza e mostra tutte le sue fragilità e insicurezze. Già a suo tempo lo Spider-Man di Raimi aveva mostrato un Peter Parker verso il lato oscuro, così come l’ultimo Batman di Nolan, con Bruce Wayne che usciva dal baratro dei suoi incubi, risorgendo come un vero Cavaliere Oscuro. In Logan, Mangold sceglie un inaspettato paragone con il cinema western, disseminando l’indizio nel classico del ’53 Il Cavaliere della Valle Solitaria, sostituendo al solitario Shane e al piccolo Joey Logan e Laura. Attraverso il loro rapporto nel film, si evidenzia la crescita, la consapevolezza e l’evoluzione di Wolverine: un uomo (non un eroe) che ha infranto la legge più volte, facendo alla fine pace con i suoi demoni. (I hurt myself today to see if I still feel. I focus on the pain The only thing that’s real.)

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Linguista, aspirante giornalista, amante del cinema, malata di serie tv, in particolare dei crime polizieschi.