Cold Case Hammarskjöld: recensione

IL DOCUMENTARIO COLD CASE HAMMARSKJOLD, TRA I FINALISTI DEL PREMIO LUX A VENEZIA 76, RIPORTA L’ATTENZIONE SULLA MISTERIOSA MORTE DEL SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE

Cold Case Hammarskjöld posterGENERE: documentario

DURATA: 128 minuti

USCITA IN SALA: n.d.

VOTO: 3 su 5

Dopo 48 ore dalla visione del documentario non riesco a smettere di chiedermi cosa significherebbe se tutto quello che è stato riportato corrispondesse a verità. E forse il suo potere è esattamente questo, la vocina insistente che ripete: “Pretenziosa teoria di cospirazione o uno dei più grandi misteri della Guerra Fredda?”.
Cold Case Hammarskjöld è un film documentario del cineasta danese Mads Brügger sulla morte del segretario generale delle Nazioni Unite Dag Hammarskjöld, il cui aereo si è schiantato nella Rhodesia del Nord nel 1961.

Il film di Brugger apre il caso in modo accattivante, tanto da inquietare e disorientare fino a quando la storia non si comincia a delineare. Il diplomatico svedese Hammarskjöld divenne il secondo segretario generale delle Nazioni Unite nel 1953 schierandosi apertamente con il bisogno di indipendenza degli Stati Africani rispetto alle loro ex potenze coloniali. Il 18 settembre 1961, l’aereo di Hammarskjöld decolla alla volta della regione meridionale del Katanga con l’obiettivo di incontrare il leader politico katangese ed avviare dei negoziati di pace. La regione meridionale del Katanga all’epoca era impegnata in un movimento separatista di estrema violenza a cui il Segretario Generale delle Nazioni Unite sperava di poter mettere fine. Il suo aereo però si schianta vicino a Ndola, nella Rhodesia del Nord (ora Zambia), uccidendo tutti a bordo.

L’incidente, inizialmente catalogato e “chiuso” come “errore del pilota” non ha mai convinto del tutto, tanto che il sospetto di un omicidio premeditato è un tarlo che rosicchia tutt’intorno da quel 18 settembre 1961.  Negli ultimi anni, grazie anche e soprattutto ad importanti rivelazioni (tra cui la testimonianza di ex ufficiali della National Security Agency degli Stati Uniti), hanno suscitato un rinnovato interesse, tanto da riaprire un’indagine da parte delle Nazioni Unite.

Il film di Brügger si concentra su una teoria piuttosto inquietante che coinvolge un gruppo oscuro, noto come Istituto sudafricano per la ricerca marittima, con presunti legami con l’intelligence britannica e la CIA. I documenti che suggeriscono un collegamento tra SAIMR e la morte di Hammarskjöld sono stati scoperti 1998, sebbene l’inchiesta delle Nazioni Unite abbia respinto l’accusa per mancanza di prove. I governi britannico e americano hanno costantemente negato il coinvolgimento.

Proiettati e quindi sballottati senza direzione logica in un crescendo di rivelazioni, congetturate cospirazioni mondiali, bugie, segreti e omicidi, Brügger (non prima di metà film), ci informa che non era questo che si aspettava di scoprire. Dopo sei anni di ricerche infatti, le testimonianze degli intervistati restano contraddittorie e confuse.

Brügger si dirige quindi in Sudafrica per approfondire la storia di SAIMR. Di base, sembra un’accozzaglia di spigolosi punti di vista che farebbe impallidire il miglior Picasso di tutti i tempi. In Sudafrica, le indagini sulla SAIMR si fanno sempre più intense. La “caccia” alle fonti si trasforma in una sorta di thriller psicologico in cui tutti sanno ma nessuno può parlare.

Entriamo nella vita di un certo Keith Maxwell, comandante della SAIMR: dottore ciarlatano con patologiche manie di grandezza o un potente mercenario che lavorava per conto dell’apartheid nell’estremo tentativo di mantenere la supremazia bianca nel continente africano?

Tanti, forse troppi i punti interrogativi.

Le testimonianze degli intervistati sono contraddittorie e confuse, e alcuni sembrano voler dire all’entusiasta Brügger quello che vuole sentire. (Esempio: “Potrebbe quel tipo con la barba essere l’agente noto come Congo Red?” “Sì, direi l’80 percento. Probabilmente è Congo Red.”)

E poi c’è l’accusa più esplosiva del film, scagliata da un ex membro del SAIMR, secondo cui l’associazione aveva progettato campagne di vaccinazione per diffondere deliberatamente l’HIV nei paesi africani al fine di uccidere la popolazione.

Tutto ciò rende un po’ complicato credere a quello che stiamo guardando. È frustrante perché non è del tutto ridicolo pensare che effettivamente nessuno abbia ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sulla morte di Hammarskjöld.

Dopotutto, l’incidente è avvenuto meno di un anno dopo l’uccisione del leader congolese Patrice Lumumba, con – come rivelarono in seguito documenti declassified – almeno un livello di coinvolgimento da parte della CIA. Senza considerare il fatto che i mercenari sudafricani sono stati sicuramente coinvolti in una varietà di conflitti e imprese losche in tutto il continente.

Un investigatore delle Nazioni Unite ha anche accusato i governi britannico e sudafricano di essere poco cooperativi.

Per questo, Brügger presenta un caso convincente da una parte, ma pretende da se stesso e dalla storia davvero troppo, soprattutto per un documentario senza prove o dichiarazioni ufficiali. In un’altra epoca, le affezioni postmoderne del film potrebbero essere state più divertenti, ma nell’era attuale l’impresa si avverte come un po’ più sinistra.

Rafforzare l’idea che i giornalisti – come si descrive Brügger – siano più interessati a una storia selvaggia che alla verità è controproducente, cosi’ come la teoria della cospirazione che coinvolge le vaccinazioni è irresponsabile e pericolosa.

Fra tutte le domande che ci possiamo porre rispetto al film, la più difficile a cui rispondere resta: “Quale era il punto?”.