Intervista a Sergio Nazzaro

IN ESCLUSIVA L’INTERVISTA “MALEDUCATA” ALLO SCRITTORE E GIORNALISTA SERGIO NAZZARO 

Un impegno civile portato avanti attraverso la pubblicazione di libri di successo, una serie in work in progress come sceneggiatore e tanto altro… 
Sergio Nazzaro– Negli ultimi anni molte serie di successo si sono ispirate alla letteratura di impegno civile. Come immagini un film o una serie tratta da un tuo libro?
Ti ringrazio dell’augurio innanzitutto, che oltremodo è in divenire. Sto lavorando ad una serie con il regista Francesco Patierno, un progetto complesso ed innovativo, ma soprattutto il confronto costante con un regista è una sorta di masterclass in merito alla scrittura per sceneggiatura. Io immagino una serie che sappia essere preveggente, aderente alla realtà e sia immaginifica. Le serie TV migliori che abbia mai visto sapevano di realtà sotto il palato mentre le guardavo, anche le più fantasiose, sapevano stare con i piedi nella realtà dell’inquietudine.
– Spesso il cinema ha raccontato storie incentrate sul mondo del giornalismo, da reporter ritieni che sia mai stata data una descrizione veritiera del tuo lavoro? Se sì, quale titolo ti viene in mente?
Bisogna prima comprendere qual’ è il mio lavoro. Provo a spiegarmi, molte, troppe volte si gioca al martirio facile, all’esposizione mediatica di se stessi, senza mai andare a colpire al cuore il reale. Si è cercato di mitizzare là dove probabilmente non c’è nulla, ti faccio un esempio: nel film  The Report che racconta la genesi e lo sviluppo del report sulle torture perpetrate dagli USA durante la famigerata guerra al terrore, viene raccontata la storia di un analista che lavora duramente per anni, in un mondo complesso e pericoloso affinché la verità venga a galla.  Immagina che qui in Italia avremmo fatto il film sul giornalista che scriveva di questa storia piuttosto che sul vero protagonista.  
   – Sei tra i giornalisti più esperti di Mafia, e soprattutto di Mafia Africana, cosa ti ha spinto ad indagare in quel mondo?
Castel VolturnoEra ed è un argomento poco esplorato in cui manca completamente un’analisi sistematica. Mi affascina la scoperta dei meccanismi criminali nuovi, e soprattutto noi siamo fratelli con l’Africa, nel bene e nel male, c’è un rapporto di continuità con il sud del mondo che va indagato in ogni suo aspetto.
 – Il cinema italiano spesso quando racconta il Sud sceglie storie di criminalità o comunque di disagio sociale, la reputi una moda oppure un reale desiderio degli autori di sensibilizzare il pubblico su certi temi?
Ho molti amici registi meridionali, tu in primis, che anche se non raccontano il meridione in maniera diretta lo vivono così profondamente come stato dell’animo che  traspare anche girassero su un set lunare. Si avverte quindi immediatamente chi ha questa sensibilità nel sangue e chi ci gioca soltanto, come per i racconti e i reportage di mafia. Il vero e il falso, al di là se si è spinti da stampa e case di produzione, si comprende. Quindi potrai anche essere famoso ma sicuramente sei falso. Potrai aver girato un piccolo film, meridionale o meno, ma se ti sei scorticato l’anima, lo capisci dal primo minuto.
 – I 5 film della tua vita. 
Ovviamente tutto il materiale girato da te, mi sembra ovvio! Almeno ho un regista con cui posso discutere e litigare. E posso contestargli che non ci sono scene di sesso e quindi il film è noioso. Vuoi mettere questa soddisfazione? Torniamo a noi,  La Sottile Linea Rossa insieme ad  Apocalypse Now rimangono i miei riferimenti e  L’insolito caso di Mr. Hire di Laconte. Poi ho la fortuna di essere amico tuo ma anche di Patierno, Guido Lombardi e il bravissimo Ciro D’Emilio, talentuoso e con cui posso litigare quando mi permette di vedere in anteprima i suoi lavori. Ecco credo che gli spettatori dovrebbero avere questa possibilità di confronto serrato con i registi. Non incontri noiosi ma discussioni serrate, alla fine te ne vai che hai imparato qualcosa di nuovo.