Wolf Man: recensione

L’ORRORE DI UN LUPO MANNARO RADICATO NELLA REALTÀ

DURATA: 102 minuti

USCITA: 16 gennaio 2025

VOTO: 3.5 su 5

Squadra che vince non si cambia. Dopo aver dato nuova linfa vitale all’uomo invisibile con un solido thriller dall’omonimo titolo, uscito nel 2020, il regista e sceneggiatore Leigh Whannell ci riprova con l’uomo lupo. L’approccio è lo stesso, quello di dare una veste moderna al personaggio e di calare la storia in uno scenario realistico, dare delle basi verosimili, creare un thriller con elementi horror, anziché l’opposto.

A San Francisco, Blake (Christopher Abbott) è un papa affettuoso e protettivo della figlioletta mentre, sua moglie Charlotte (Julia Garner) una donna in carriera che mantiene la famiglia. La notizia della morte del padre di Blake, con il quale l’uomo aveva avuto sempre un rapporto difficile a causa dei metodi duri del genitore, li spinge a tornare alla baita d’infanzia in una foresta dell’Oregon dove era cresciuto. La foresta in questione nasconde un terribile segreto e all’arrivo se ne accorgeranno subito; le cose non sono esattamente come Blake le ricordava.

La narrazione è ben imbastita e riesce ad incutere terrore proprio perché resa plausibile. Il lupo mannaro non è semplicemente un mostro, ma una malattia che può colpire l’uomo comune. La trasformazione è di quelle che scatenano gli incubi, molto vicina a quella di Un lupo mannaro americano a Londra. Whannell aggiunge anche dei tocchi di puro genio come il modo in cui il lupo percepisce la realtà intorno a sé, il linguaggio alterato, i suoni distorti, gli occhi che brillano nell’oscurità. La trasformazione in animale è nelle piccole cose prima di tutto.

Tutta la prima parte mira a creare un senso di straniamento, la figura per intero del lupo non viene mai rivelata se non in piccoli frammenti, il commento musicale è minaccioso e incessante.  Quando giunge il momento della trasformazione, il momento è guadagnato. 

Whannell permea anche l’intera pellicola con un messaggio d’amore, quello di un padre per la figlia. È il loro rapporto, il loro legame che tiene in piedi tutto il film. È il muro che previene una strage. Chi vincerà, l’amore o l’istinto animale? Il regista evita la discesa in un finale saccarino, non ci può essere redenzione per il lupo mannaro.

Ben venga questa nuova serie di “mostri”, non tutto deve per forza essere un franchise, un universo di storie collegate. Creare una base solida, ancorata alla realtà, che unisca lo stomaco al cervello, sembra essere la formula vincente per i nostri tempi.  

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