The Imitation Game: recensione film

BENEDICT CUMBERBATCH DÀ VOLTO E ANIMA AD ALAN TURING, IL PADRE DELL’INFORMATICA

THE IMITATION GAME 1GENERE: biografico

DURATA: 113 minuti

USCITA IN SALA: 1 Gennaio 2015

VOTO: 4 su 5

Durante la II Guerra Mondiale, in Inghilterra, un gruppo di matematici e crittoanalisti lavorò al servizio dell’esercito inglese per tentare di decifrare Enigma, il codice con il quale Hitler e i militari tedeschi comunicavano tra loro le decisioni e le strategie belliche. I messaggi inviati dalle potenze dell’Asse erano facilmente intercettabili ma, proprio a causa del codice Enigma con il quale erano scritti, impossibili da comprendere. Dunque è facilmente immaginabile l’importanza della decifrazione di un tale codice, scoperta che avrebbe portato gli Alleati a intervenire tempestivamente sugli attacchi del nemico vincendo così la guerra. Tra questo gruppo di menti geniali, alle quali era affidato in un certo senso il destino dell’umanità, vi era Alan Turing, considerato oggi uno dei padri dell’informatica.

Turing – interpretato magistralmente da Benedict Cumberbatch – era una persona dotata di grande intelligenza e sensibilità, più a suo agio in mezzo a numeri e macchine che a contatto con la gente. Come accade ad altre menti geniali, spesso gli apparivano enigmatici molti degli ordinari comportamenti e delle convenzioni sociali normalmente accettate dagli altri. È a lui e al suo team che si deve la creazione del calcolatore Bomba (nel film chiamato Christopher, come il suo amico di infanzia), strumento indispensabile per riuscire a far luce sul contenuto dei messaggi dei nazisti. A causa del segreto di stato che ricopriva questa operazione, però, il contributo di Turing e compagni è stato occultato per decenni dopo la fine della guerra, e solo recentemente si è tornati a considerare e a riconoscere il loro apporto fondamentale per la vittoria degli Alleati.

The Imitation Game, diretto da Morten Tyldum, affronta una vicenda che a uno sguardo attuale può risultare paradossale: quella di una “democraticissima” Inghilterra che, insieme ad altre potenze, si fa carico di riportare la libertà e la pace sul suolo del Vecchio Continente, ma che, allo stesso tempo, non può accettare che sul proprio stesso suolo vivano liberamente gli omosessuali, Turing compreso. Ed è per questa sua grave colpa che il matematico, a cui si deve in parte la sconfitta dei nazisti, fu accusato nel 1952 di “atti osceni in luogo pubblico” e condannato a scegliere tra la prigione o la castrazione chimica.

Il film di Tyldum, adattamento cinematografico della biografia di Andrew Hodges Alan Turing. Una biografia (Alan Turing: The Enigma), tenta di scandagliare con rispetto e passione la parabola sociale di questo individuo sui generis, così goffo nel comprendere le norme sociali quanto geniale nel decrittare codici tra i più complicati del mondo. La pellicola interseca, senza esagerazione, un umorismo più british – veicolato dallo stesso Turing e dai suoi compagni – con un’atmosfera quasi da spy story, dove a farla da padrone è l’elemento del segreto.

Sono infatti molteplici le informazioni che i protagonisti devono celare ai più: il lavoro che stanno svolgendo per l’esercito, la riuscita della loro missione, la presenza di una spia tra loro e, prima fra tutti, l’omosessualità di Turing, di cui l’intero gruppo di matematici sembra essersi reso conto. Tra questi, Joan Clarke, unica donna presente – interpretata da Keira Knightley – che viene qui purtroppo rappresentata limitatamente al suo ruolo di sostegno per la figura maschile protagonista, senza dare il giusto peso al suo contributo reale nel decifrare Enigma.

La sceneggiatura di Graham Moore – inserita nella Black List 2011 degli script non prodotti a Hollywood – fa del personaggio di Turing il suo punto di forza: la vita e le particolarità del matematico vengono dispiegate tramite una serie di flashback che mostrano allo spettatore la genesi dell’animo complesso e delicato del protagonista, così come fa la voce over di Turing stesso, che accompagna il pubblico nella prima parte del film.

Grazie a un’ottima interpretazione, a un’ambientazione accurata (che fa a volte uso di immagini di repertorio) e a una regia piana, ma non per questo modesta, The Imitation Game modella con trasporto la figura dimenticata di una grande mente del Novecento, riabilitandone la dimensione umana e scientifica senza calcare i toni ma lasciando che sia la storia stessa a renderle giustizia.

 

 

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