Dove eri il 29 marzo? Questo il corto

VITA, MORTE E RINASCITA IN POCHI MINUTI DI GRANDE VERITÀ A CURA DI MATTEO VICINO

16 minuti e 24 secondi per riassumere una vita, una morte e la sua rinascita: questa è la durata di Dove eri il 29 marzo? Cortometraggio di Matteo Vicino (Outing, fidanzati per sbaglio) che già due anni prima del 2012, di Young Europe, ha girato un cortometraggio per sensibilizzare i giovani sulla sicurezza stradale.

A differenza del successivo lungometraggio per la Polizia di Stato Dove eri il 29 marzo? Non è una pellicola di finzione ma a parlare sono due ragazze, in maniera diversa, vittime di un incidente: Manuela e Rita.

Manuela è una ragazza di 17 anni che un giorno, ritornata a casa da scuola, riceve dalla madre la notizia che una delle sue più care amiche ha avuto, per colpa della pioggia, un grave incidente che l’ha portata a dover vivere il resto della sua esistenza sulla sedia a rotelle.

Rita è l’amica di Manuela quella ragazza che dai suoi 18 anni fino alla fine dei suoi giorni dovrà stare su una sedia a rotelle.

Ciò che colpisce di questo corto/documentario è la verità che Vicino con la sua regia ruba nei primi piani e nei particolari degli sguardi delle ragazze e che nel suo lungo dialogo con entrambe trasuda da ogni parola delle giovani protagoniste.

È bello vedere entrambe le facce della medaglia, capire come una tragedia abbia cambiato la vita non solo di chi ne è stata vittima ma anche di chi le sta accanto.

Se da una parte Manuela sta imparando a conoscere di nuovo Rita, dall’altra Rita è consapevole di essere diventata un’altra persona: anche lei amava il rischio, non lo rinnega, bere e poi mettersi alla guida ed è stato solo il mero caso a volere che quella volta non fosse lei alla guida e che l’alcol non scorresse nel sangue della guidatrice, rimasta illesa. “Quando abbiamo perso il controllo della macchina” ammette la ragazza usando un plurale che non colpevolizza la sua amica e che non rende immune dall’errore  del fato lei.

La vita cambia nel momento in cui ti ritrovi a dover stare seduta, a essere stata in sala rianimazione per molti giorni, a non sentire più le tue gambe. Cambia al punto di sembrare retorica e di prendere i minuscoli problemi quotidiani per quello che sono: stupidaggini. Luogo comune, forse, ma i luoghi comuni sono sempre quelli più affollati e per questo più reali.

Dalla prima scena in cui il cineasta chiede alle sue due giovani interlocutrici qual è il loro personaggio, il loro adulto da prendere ad esempio senza avere risposta perché quel personaggio non c’è, fino alle immagini finali dove le due protagoniste sorridono di un sorriso che lo spettatore sa non essere quello di qualche tempo prima anche se prima non le aveva mai conosciute, Ma tu dov’eri il 29 marzo? è un lungo scorcio di realtà semplice e atroce che non è detto che scuota le coscienze dei giovani che lo vedranno ma che almeno tenta di farlo con la potente arma della verità in quei 16 minuti e 34 secondi che rimangono in testa.

 

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