JOSPEH ISRAEL LABAN CON NUWEBE RACCONTA LA STORIA DRAMMATICAMENTE VERA DELLA PICCOLA KRISTA
Ci sono storie che, di per se, creano ansia, paura, oppressione, disagio; sono quelle che riescono, in un modo o nell’altro, a toccare determinate corde dell’anima, dell’intimo. Però, le sensazioni che poi arrivano sono differenti, variano da persona a persona, essendo tutti diversi, avendo filtri disuguali che riescono a tenere a freno l’emotività sia reale che immaginata, limitando l’empatia che si può provare verso una storia. Tuttavia queste vicende alcune volte sono talmente immonde, disgustose, terrificanti e reali che lo stomaco cede, si contrae, manda impulsi a tutto il corpo implorando pietà agli occhi inermi che osservano una delle storie più nauseanti che si possano concepire.
Questo, infatti, è il caso del film Nuwebe, che racconta la storia vera di Krista, una bambina delle Filippine, nata e cresciuta nella povertà, che all’età di nove anni resta incinta, dopo l’assurdo e disumano stupro da parte di un padre depresso e ottuso.
La pellicola, diretta Joseph Israel Laban, è, letteralmente, un pugno violento, inaspettato e diretto che centra ogni organo molle e sensibile del corpo umano. Nuewbe azzera così ogni tipo di barriera che dovrebbe tenere alla lontana il così detto ”altrove”, quello lontano, che tange solo di sfuggita il fruitore, lontano anni luce dalla beatitudine di certe esistenze; e invece no, l’opera offusca lo spettatore, lo trascina con forza in una sceneggiatura cruda e vera, asciutta, stridente, buia come gli occhi di un mostro che dorme nel letto accanto al tuo, che ti accarezza i capelli, ti lava amorevolmente ma poi ti spezza l’essere commettendo uno degli atti più brutali che l’uomo possa fare verso la vita stessa. E l’emozione, alla fine, è colma, strapiena di fastidio e ribrezzo, per una storia in cui il cinema, quasi crudelmente, mette il punto esclamativo.