The silent man: recensione

IN THE SILENT MAN LIAM NEESON VESTE I PANNI DELL’IMPERTUBABILE MARK FELT, VICEDIRETTORE FBI MEGLIO CONOSCIUTO COME GOLA PROFONDA

The Silent ManGENERE: biografico

DURATA: 103 minuti

USCITA IN SALA: 12 aprile 2018

VOTO: 3 su 5

Il Watergate, uno dei più grandi scandali politici di sempre, torna sul grande schermo, raccontato dal punto di vista di Gola Profonda. Infatti The silent man di  Peter Landesman si concentra su uno dei protagonisti della vicenda, la cui identità è rimasta celata dietro uno pseudonimo fino al 2005, quando Mark Felt, ex vicedirettore dell’FBI, rivelò di essere stato lui quell’informatore che passò notizie top secret ad alcuni giornalisti americani rivelando tutta la verità a partire dalle intercettazioni illegali registrate presso il Comitato Nazionale Democratico di stanza nel palazzo del Watergate Hotel, ad opera di uomini legati al Partito Repubblicano, alla Casa Bianca e al Comitato della Rielezione del Presidente.

Per avere un quadro completo dei fatti storici chiamati in causa, cinematograficamente parlando, si potrebbe iniziare dalla visione di The Post continuando con Tutti gli uomini del presidente e infine The silent man. Perché dopo lo scandalo dei Pentagon Papers, studi sulle fallimentari imprese americane condotte in Vietnam e tenuti segreti fino alla presidenza Nixon, ma poi pubblicati dal Washington Post per volere della proprietaria Katherine Graham, ci fu proprio il Watergate. E se The silent man ce lo racconta dal punto di vista di Mark Felt, Tutti gli uomini del presidente, invece, ha come protagonisti i due reporter Bob Woodward e Carl Bernstein, le firme del Post che indagarono sul caso grazie portando la verità agli occhi dell’opinione pubblica, anche grazie alle soffiate di Gola Profonda.

A vestire i panni di Mark Felt è un composto Liam Neeson, serio e solenne, che incarna con eleganza le tensioni e gli slanci di un uomo che sapeva troppo, e per questo considerato ancor più pericoloso. Accanto a lui Diane Lane come sua moglie: una presenza fondamentale per condurci oltre il lavoro, i segreti e i complotti, ma nella dimensione privata di un padre che non rinunciò mai a ritrovare la figlia sparita all’improvviso, servendosi di ogni mezzo.

Neeson viene inquadrato in una fotografia che predilige i toni freddi e fa proprie le ombre e i giochi di luce, diventando metafora di un uomo che operava nascondendosi. Una rappresentazione di questo personaggio, quella di The silent man, che non poteva essere più fedele all’originale, essendo il film ispirato direttamente all’autobiografia di Felt del 2006 e riadattata proprio da Landesman, giornalista prestato al cinema e quindi ancor più interessato a rendere al meglio un evento del genere.

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