Venezia 71 – Nobi (Fires on the Plain): recensione film (in Concorso)

UNA VERA DELUSIONE QUELLA PER IL FILM DI TSUKAMOTO: PRIVO DI ALCUN SIGNIFICATO SE NON QUELLO DI ANNOIARE SIN DALL’INIZIO

nobi-venezia71VOTO: 2 su 5

Delusione, ecco l’unico termine che potrebbe racchiudere il senso dell’ultimo lavoro del regista Shinya Tsukamoto. La pellicola, presentata in concorso alla 71 Mostra Internazionale di Venezia, è priva di alcun senso. Un racconto gettato in mezzo agli orrori della guerra che sembra un brutto sogno fatto di violenza, cadaveri, patate e tabacco. Non si trova alcun nesso tra il pensiero del regista e le immagini del film. Se davvero dietro ci fosse un progetto più ampio il regista decide di nasconderlo allo spettatore lasciandolo solo innervosito per aver perso 87 minuti. Se il senso c’è non lo si capisce, se il tema è la guerra e si suoi orrori il tutto risulta banale e affrontato in modo scontato, se invece il senso è volutamente nascosto, possiamo asserire che il cineasta è riuscito nell’intento. Nobi è la storia di un soldato sopravvissuto. Il tutto è ambientato nel 1945, le truppe imperiali giapponesi, bloccate su un’isola e private di aiuti rifornimenti dagli alleati, si ritrovano in grande difficoltà.

Circondati dai guerriglieri e dagli americani, i soldati sono costretti a uccidere i propri compagni e iniziare pratiche di cannibalismo per poter sfamarsi e andare avanti. Il film quasi tutto girato nella giungla si sofferma molto su quelle che sono le condizioni precarie di questi soldati che li porta ad allontanarsi dall’essere umani arrivando a comportarsi come delle bestie per poter sopravvivere. Tutto è talmente piatto e smorzato che non si vede l’ora che il soldato torni a casa in modo di arrivare ai titolo di coda velocemente. Il film è noioso e borioso, nemmeno le scene più drammatiche riescono a coinvolgere. Si arriva ad un finale che lascia ancora più sconcertati inserendo nella testa dello spettatore altri punti di domanda che si trasformano in domande retoriche senza risposta. Davvero una grossa delusione, non vi è altro da aggiungere ad una pellicola tanto scarna.

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