Contagious – Epidemia mortale: recensione


SCHWARZIE IN UN DRAMMA HORROR PER PROTEGGERE LA FIGLIA “MAGGIE”

CONTAGIOUSGENERE: dramma horror

DURATA: 95 minuti

USCITA IN SALA: 25 giugno 2015

VOTO: 3,5 su 5

Alle volte un basso budget porta ad un alta resa quando la scrittura è efficace. Un film come Maggie in originale rientra pienamente in questa categoria, la traduzione in Contagious – Epidemia mortale invece necessaria in un panorama italiano diffidente dai titoli stranieri. La distribuzione ha optato per un nome pandemico, quando il film vira molto più sui toni del drammatico che su quelli dell’horror classico. Una rilettura interessante, una storia intima sul virus zombie.

Arnold Schwarzenegger tornato al cinema in piena attività sceglie un copione semi-coraggioso per una prova intensa ai limiti del suo botox. Si cala con credibilità “fisicata” nei panni del padre di provincia che, in un panorama apocalittico-desolante in cui l’umanità combatte contro un virus di massa, rintraccia la figlia affetta e cerca di proteggerla al massimo delle sue forze. O è lui a dover esser protetto? Il contagio trasforma uomini in zombie, esseri senz’anima spinti solo dalla brame di carne. Ma al regista Henry Hobson interessava più il lato intimo dello script e su quello si è concentrato con successo.

La chiave di lettura è dunque il rapporto familiare con l’eccellente Abigail Breslin, la discesa progressiva nella malattia “terminale” e la riflessione sulla scelta dolorosa di un’eutanasia liberatrice. Il tutto con un ritmo appositamente lento e posato, il respiro di vite in frantumi che lottano per stare a galla. Adeguato allo stile della narrazione la scelta (di moda) dei campi lunghi e del rallenty a sottolineare l’enfasi drammatica dello scorrer del tempo, come un rantolo di vita in una prateria di condannati.

Un’adolescente malata, la guerra dei mondi, una nuova famiglia da salvare. La visione dinanzi al protagonista è quella delle più complicate, ma pone in luce l’uomo che riesce ad elevarsi quale risorsa nei momenti più estremi. Gli manca forse un tocco di malizia a questa Maggie, ma, nella sua interezza, si tratta di una pellicola coraggiosa, una vera pennellata americana a tinte fosche. Nonostante il tema pluri-affrontato, tocca le corde dell’anima con un’originalità e una fragilità interiore degne di essere diffuse. Non come il maledetto virus.

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