Una famiglia vincente – King Richard: recensione

KING RICHARD: WILL SMITH NEL RUOLO DEL DISCUSSO PADRE DELLE CAMPIONESSE DEL TENNIS AMERICANO

DURATA: 145 minuti

USCITA: 13 gennaio 2022

VOTO: 3 su 5

king richard locandinaL’esaltazione dell’Io, dell’individualità, tutta americana, questo è King Richard. Ma è anche una lezione sull’essere umile, sul dare importanza alla dura fatica per raggiungere i risultati, perché nessuno regala niente per niente. L’ascesa delle sorelle Williams, campionesse indiscusse del tennis, è raccontata attraverso un film biografico un po’ atipico. Difatti il centro dell’attenzione è sul loro padre, ruolo nel quale Will Smith è libero di fare quel che vuole, anche gigioneggiare, piuttosto che sul talento delle ragazze.

La figura di Richard Williams nel mondo dello sport è una figura nota e controversa. Da molti visto come una presenza ingombrante, da altri come la vera forza motrice dietro il successo delle figlie. Williams, convinto del talento e della perseveranza nel coltivarlo, mette in moto un piano, per sua stessa ammissione, concepito ancor prima che le figlie fossero nate. La motivazione è nobile, dovendo combattere con il razzismo sempre dietro l’angolo, le origini umili, e il mondo di periferia in cui vivono (Compton è considerata una delle comunità più povere di Los Angeles), l’uomo fa di tutto affinché le figlie non siano preda dello stereotipo. E il fatto che poi Venus e Serena siano diventate campionesse mondiali, non può che dargli ragione. Ma si tratta di una morale pericolosa. Quanto il fine giustifica i mezzi? Per tutte le sportive come le sorelle Williams che ce l’hanno fatta, potremmo trovarne altrettante che dietro una pressione del genere hanno perso la ragione. Mettere in discussione istruttori di tennis più esperti, mettere in discussione le stesse regole del professionismo, scavalcare le gerarchie senza cognizione di causa, sono tutti comportamenti al limite del tollerabile. Il risultato sperato è ottenuto, e per questo se ne fa un film, ma difficile credere che tale martellamento psicologico non abbia anche pesato sulle ragazze.

È una storia che vuole essere d’ispirazione, soprattutto a chi di risorse, sia economiche che sociali, non ne ha, e che quindi deve contare solo su sé stesso. Ma è anche la vetrina per la malsana abitudine degli americani di sentirsi al di sopra di tutti e tutto, di sentirsi i migliori del mondo. È un’arma a doppio taglio che in molti casi, in ogni ambito dello sport come dello spettacolo, ha dato i suoi frutti, ma che in altri ha distrutto la psiche delle persone in maniera inesorabile. È facile fare il tifo per Venus e Serena, non altrettanto facile fare il tifo per un uomo che non vuol sentire ragioni, pur di ottenere il suo obiettivo di rendere le figlie delle stelle dello sport. Portare l’uomo come esempio e metterlo su un piedistallo, perché questo il film fa, non è tesi da sposare al 100%. Piuttosto è la perseveranza delle ragazze che andrebbe esaltata. Ne risulta un film manipolatore, di emozioni e sentimenti, che lascia in bocca un sapore dolceamaro.

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"O fai di tutto per vivere, o fai di tutto per morire."