Living: recensione

LIVING: BILL NIGHY È IL PROTAGONISTA DEL NUOVO DRAMMA DIRETTO DA OLIVER HERMANUS, PRESENTATO FUORI CONCORSO A VENEZIA 79.

LivingGENERE: drammatico

DURATA: 102 minuti

USCITA AL CINEMA: n/d

VOTO: 3/5

Tra i film presentati fuori concorso alla 79esima edizione del Festival di Venezia c’è Living, il nuovo film diretto da Oliver Hermanus (Moffie, The Endless River) con protagonista un convincente Bill Nighy nel ruolo di un ricco impiegato statale che deve rimettere in discussione tutta la sua vita quando gli viene diagnosticata una malattia terminale.

Basato su una sceneggiatura scritta da Kazuo Ishiguro – e adattata da quella del film giapponese Vivere (Ikiru) di Akira Kurosawa del 1952 – Living è ambientato nella Londra del 1953 che, distrutta dalla Seconda guerra mondiale, è in fase di ripresa. In questo contesto l’impiegato statale Williams (interpretato da Bill Nighy) è consumato dalla sua routine quotidiana e da un lavoro che non gli dà alcuna soddisfazione.

Dopo aver scoperto di avere il cancro e pochi mesi da vivere, l’uomo non riesce a comunicare la terribile notizia al figlio e alla nuora, ma decide di voler provare finalmente a essere felice, salvo rendersi conto di non sapere come riuscirci. In una sera solitaria il suo cammino incrocia così quello di Sutherland (Tom Burke) e comincia a cambiare atteggiamento nei confronti dei suoi dipendenti, soprattutto della signorina Margaret Harris (Aimee Lou Wood) a cui scrive una lettera di raccomandazione per un nuovo lavoro come cameriera in una sala da tè.

È proprio con quest’ultima che William trascorre la maggior parte del suo tempo, mentre chiunque attorno a lui non può fare a meno di accorgersi del suo cambiamento, salvo non comprenderne le vere ragioni. Nel complesso Living ci regala un commuovente e delicato ritratto di un uomo che deve rimettere in discussione la propria vita e cerca di viverla al meglio delle proprie possibilità finché ha il tempo per farlo.

Il film si regge quasi interamente sulle spalle di un bravissimo Bill Nighy, la cui performance resterà probabilmente in ombra durante la prossima stagione dei premi a causa di un film a cui manca un po’ di mordente, ma che meriterebbe maggiore riconoscimento.

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