Sms – Save my soul: recensione documentario

NICOLINO, IL CYRANO DEI NOSTRI GIORNI

smssavemysoulSe Cyrano de Bergerac fosse nostro contemporaneo probabilmente avrebbe una vita non dissimile da quella di Nicolino Pompa, protagonista del documentario Sms – Save my soul di Piergiorgio Curzi.

Nicolino è un poeta a tempo perso che, attraverso gli annunci di lavoro di donne che cercano un impiego, colleziona numeri di telefono ai quali manda le sue poesie che spesso sono l’incipit di relazioni che proseguono nel tempo.

Sms- Save my soul dipinge la realtà di una figura estremamente contemporanea: in questo tempo di egocentrismo celato dietro agli schermi di computer, tablet o cellulari ultramoderni l’uomo intreccia relazioni con donne il più delle volte sconosciute e molto giovani, trovando in questi incontri virtuali, e nel loro svilupparsi, la massima soddisfazione sia sessuale che affettiva.

Si fa fatica inizialmente a giustificare alla realtà di Nicolino, settantenne padre di quattro figli che, annuncio nuovo dopo annuncio, cerca quella che a prima vista potrebbe sembrare la sua preda e che ammette, in questa lunga intervista priva di domande girata da Curzi: “non posso negare di avere iniziato questa pratica, nel 2003, con una diciassettenne, Chiara, poi così rispettata e così degradata nello stesso tempo: una storia meravigliosa e patibolare”.

Tra le donne contattate dal protagonista c’è chi resta indifferente e chi resta sedotta dalla voce suadente dell’uomo e dalle sue parole che, rigorosamente, vengono, messaggio dopo messaggio, catalogate su un computer archivio delle 1500 relazioni instaurate anno dopo anno.

Con l’andare avanti di quello che si dimostrerà un saggio sull’egocentrismo sessuale e sull’anaffettività fisica di un’epoca, la nostra, lo spettatore non potrà che provare simpatia per l’arzillo settantenne romano, macho impenitente, impunito e sensibile, che non è altro che l’angelo sporcaccione e custode, l’amico che un tempo era di penna e ora è di cellulare, l’antidoto erotico – e autoerotico – alla solitudine sua e di una fetta del gentil sesso che non si farà mai vedere pur restando costantemente presente con le sue rime il più delle volte baciate. Perché infondo, come lui, a ragione, ammette “qualunque cosa del reale sconfina sempre nel banale”.

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