Anarchia – La notte del giudizio: recensione film

IL SEQUEL-ALTERNATIVA A THE PURGE VA MEGLIO RISPETTO AL PRIMO MA SI ARENA TRA BUONE TROVATE E POCA TENSIONE

Anarchia_-_La_notte_del_giudizioGENERE: thriller

USCITA IN SALA: 23 luglio 2014

DURATA FILM: 100 minuti

VOTO: 2 su 5

Lo spunto, l’idea, l’ampio spettro di possibilità. The Purge, lo sfogo, offre tutto questo sulla carta, poi la resa cinematografica non è stata all’altezza, né nel primo episodio, né in questa sorta di sequel, Anarchia: la notte del giudizio, ambientato nello stesso momento, quasi parallelamente all’episodio con Ethan Hawke e Lena “Cersei” Headey. Siamo nell’America del 2023, una nazione rinata grazie alla purificazione tramite lo sfogo della violenza.

Una notte all’anno, 12 ore in cui ogni crimine è permesso con armi fino a categoria A4, dove per le strade regna il massacro e le forze dell’ordine, i Nuovi Padri Fondatori, danno il loro benestare. Istinti base, brutalità, una spirale di repressione che “sfoga” nell’omicidio e che permette allo stato di sopravvivere con un tasso di criminalità diminuito. Ma violenza chiama violenza e sono sempre i più poveri, che non possono proteggersi, a pagare, venendo sommariamente giustiziati.

James De Monaco assembla un cast di serie D tanto per dare lustro alla sua creatività registica, d’altronde la storia ha poco peso sull’effetto scenico, sulla suspance e sul terrore da schermo, tanto da poter essere tralasciati. Errore! Lo script fiacco distoglie l’attenzione dal circo dell’orrore ordito in città, non convoglia la paura nella giusta direzione e rende i personaggi privi di quell’appeal che necessiterebbero per creare empatia con lo spettatore.

Un gioco al voyeurismo che è invece manierismo tecnico in cabina di regia e montaggio, spunto interessante ma senza una resa all’altezza di questo genere. La redenzione che passa attraverso la “purga” è così pacchiana che nessun brivido ci pervade la schiena. Non è un horror, non è un thriller, non è un film fantascientifico, solo un onesto film di cassetta che tenta malamente di coprire le voragini narrative attraverso il culto della sorpresa.

Un’eccellente idea di base alle volte non è sufficiente a salvare il prossimo. In sala l’anarchia regna e il bene che porta lo sfogo si perde in un mare di strilli e retorica da stadio. Il bene e male nel film si confondono troppo spesso e la licenza di uccidere viene completamente decontestualizzata. Tentativo numero tre in atto, che sia la volta buona? Intanto la campagna mediatica prosegue e potete “purificarvi” anche voi nell’omonima attrazione turistica: il Governo vi ringrazio per la partecipazione.

 

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