Jupiter Ascending – Il Destino dell’Universo: recensione

I FRATELLI WACHOWSKI VOLANO (BASSO) DI FANTASIA

jupiterGENERE: fantascienza

DURATA FILM: 127 minuti

USCITA IN SALA: 5 febbraio 2015

VOTO: 2,5 su 5

Essere un Wachowski comporta delle responsabilità, un nome che porta sulle spalle il “peso” di aver creato Matrix, capolavoro riconosciuto della generazione postmoderna. Ci si aspetta sempre molto dai due fratelli, Lana e Andy, come due professionisti di talento sempre in cima all’Industria del Cinema.

L’attesa crea aspettativa, ma non sempre questa viene poi rispettata: Jupiter Ascending è un ibrido riuscito a metà, che attrae come un magnete da un lato, mentre dall’altro si perde in lungaggini noiose e poco spettacolari. Jupiter (Mila Kunis), ovvero Giove in italiano, è una ragazza che “odia la propria vita”, nata da madre russa su una nave migrante verso gli States, non ha patria né un lavoro che la soddisfa.

Ma qualcosa nel suo DNA la riporta indietro nel tempo, una discendenza millenaria di stirpe reale che ora è costretta a reclamare…con l’aiuto di Channing “Caine” Tatum, eroi licatante dei tanti mondi in gioco.

Frivolezze e passaggi a vuoto nei combattimenti a parte, il film gode di una buonissima prova di Eddy Redmayne alias Balem Abraxas, primo erede di una potentissima e longeva dinastia che controlla tanti pianeti nell’universo tra cui la Terra, come sbagliarsi. Nell’ingenuità generale (accettazione della verità estremamente rapida) seguiamo i protagonisti su mondi diversi, salti spazio-tempo e continui cambiamenti di gravità e leggi di una fisica…ormai obsoleta.

Dopo lo splendido e toccante Cloud Atlas, nel mixer i Wachowski mettono tutti i loro ingredienti con cui banchettano da anni, la mietitura della razza, l’uomo come alcalina, la schiavitù perpetuata e la ricerca della vita eterna, senza però trovare terreno fertile nello sviluppo della storia. L’errore principale sta nell’eccesso di leggerezza nel tono del racconto, epitaffio universale tra popoli uguali ma distanti, diversi ma uniti da un solo destino che può essere alterato solo da una coraggiosa prova di amore interstellare.

Quello che si è perso nel mezzo è il sentimento narrativo, la forza di un’idea che ha corrotto regia e sceneggiatura anche nelle sequenze d’azione, nonostante il marchio di fabbrica si riconosca nell’affascinante analisi sul concetto di reincarnazione. Un po’ come accaduto per Guardiani della Galassia il revival è di moda sulla Terra, quel piccolo insignificante pianeta che alla fine tutti agognano. Casa dolce casa, se la scelta non vi convince vi resta l’opzione pillola blu.

 

 

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