Assassinio a Venezia: recensione

VESTE HORROR SUGGESTIVA, PER RIPORTARE AL CINEMA IL GIALLO DI AGATHA CHRISTIE, CHE PERÒ PERDE SMALTO STRADA FACENDO.

ahauntinginvenice_locandinaDURATA: 103 minuti

USCITA: 15 settembre 2023

VOTO: 3 su 5

Spinto da un’astuta operazione di marketing, che fa leva sulle maschere veneziane, il nuovo caso di Hercule Poirot (Kenneth Branagh) a giochi fatti risulta meno intrigante di quel che sembra.

Il detective è in ritiro autoimposto, protetto da una guardia del corpo (Riccardo Scamarcio) che tiene alla larga qualsiasi proposta di nuovi misteri da risolvere. Il siparietto di continue richieste rispedite al mittente continua fin quando bussa alla porta un’amica di vecchia data, la scrittrice Ariadne Oliver (Tina Fey), la quale ha basato tutti i suoi romanzi proprio sulla figura di Poirot.

L’autrice lo convince a seguirlo con l’intento di smascherare una cartomante. Le medium si scoprono essere tutte venditrici di fumo prima o poi, ma questa appare proprio convincente. Poirot è scettico ma, quando il mistero si infittisce, e soprattutto quando il detective subisce un attentato alla propria vita, decide di risolvere il caso. Tra fantasmi, o presunti tali, medium di dubbia natura, e omicidi, quelli sì, veri.

Al confronto con i precedenti capitoli, la serie comincia a mostrare un po’ la corda. Il film è godibile, e produzione e cast sono di altissimo livello, ma sembra costruito sulla falsariga di una puntata televisiva de La signora in giallo. Il bello di questi mystery è quello di cercare di arrivare alla soluzione prima o insieme al detective di turno. Gli indizi lasciati in giro che portano Poirot alle sue deduzioni non sono mai così evidenti. La sua risoluzione del caso, seppur sopportata da flashback esplicativi, sembra più frutto di uno sceneggiatore onnisciente che di uno scaltro detective. I due precedenti capitoli almeno in questo erano più bravi a coinvolgere lo spettatore in prima persona. L’elemento horror è solo una mossa pubblicitaria, di macabro c’è ben poco, le tanto decantate maschere sono sottoutilizzate e dopo una veloce apparizione all’inizio della storia, perdono di significato.

Branagh, anche regista e produttore della pellicola, si porta dietro metà del cast del suo Belfast (Jamie Dornan e Jude Hill) per poi relegarli ai margini della storia. Anche Michelle Yeoh ha una parte molto breve, seppur significativa. Tina Fey è completamente fuori luogo, l’attrice cerca di portare umorismo lì dove non se ne sente il bisogno. Si potrebbe nascondere un intento di emulazione del filone Cena con delitto – Knives out, che cerca di mischiare il giallo alla commedia. Onestamente preferivamo Agatha Christie in versione più seriosa.

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