Manchester by the sea: recensione

MANCHESTER BY THE SEA, UN DRAMMA FAMILIARE SUI TRAUMI DIFFICILI, E A VOLTE IMPOSSIBILI, DA ELABORARE

manchester by the sea locandinaGENERE: drammatico

DURATA: 135 minuti

USCITA IN SALA: 16 febbraio 2017

VOTO: 3 su 5

Lee Chandler viene da una famiglia di modesti lavoratori del Massachusetts, ed è impiegato come tuttofare in un complesso abitativo di Boston. Quando muore il fratello maggiore Joe, Lee torna a casa a Manchester by the sea, e secondo le sue ultime volontà viene nominato tutore legale del nipote. Ma i demoni del suo passato, che ancora lo tormentano, lo portano ad essere reticente e a preferire di nuovo il distacco.

La prima cosa che viene da pensare dopo aver visto Manchester by the sea è che sia un film che tende a frenarsi, un dramma che si contiene per non scadere nel melenso. Sicuramente un punto a favore, per un pellicola che vuole mostrare quanto è difficile esprimere i propri sentimenti, e ancor di più nei momenti di dolore come la perdita di un figlio, un padre, un fratello.

A confermare questa interpretazione è la stessa recitazione del protagonista, Casey Affleck, che protende per l’inespressività, ma che proprio per questo riesce a incarnare perfettamente il concetto di incomunicabilità dei sentimenti, tema centrale del film diretto da Kenneth Lonergan e pensato dall’amico Matt Demon.

Lonergan decide per una regia lineare, sobria; la sceneggiatura non propone grandi scena parlate, anzi per lo più sono interrotte, le questioni rimangono sospese, perché tutto si esprime altrove, in altri modi, non detti né mostrati. L’andamento cronologico dei fatti del presente è intervallato da flashback che ci svelano gradualmente i demoni di Lee: cosa lo ha reso così freddo? Cosa lo ha fatto cambiare così tanto, dall’essere un padre e uno zio amorevole e giocoso, fino a un uomo distaccato?

Sono tre i rapporti che vengono esaminati: quello tra Lee e il fratello, che vediamo insieme solo nei flashback, ma che continua anche dopo la sua morte con il suo testamento; quello di Lee con l’ex moglie; e infine quello con il nipote.

Fra Lee e Randi (interpretata sa Michelle Williams) il rapporto coniugale degenera a seguito del fatto che ne determina la rottura: i due sono uniti dal dramma e per sempre segnati da un costante e perenne senso di colpa. Lui si sente responsabile dell’incidente che lo ha privato della sua famiglia, e si è rinchiuso in questo corrosivo e assordante silenzio, lei invece inizialmente lo attacca presa dalla disperazione dell’accaduto, poi quando sembra aver accettato e superato tutto, si pente della sua nuova vita e delle brutte cose che di lui ha pensato e detto, ed è desiderosa di tornare con lui.

Sul rapporto tra Lee e Patric (Lucas Hedges), invece, raccontato in modo molto delicato, si basa la maggior parte del film. I due, stando insieme, mettono a confronto i loro diversi modi di affrontare la tragedia, lo zio restando per lo più impassibile, il ragazzo continuando la sua vita di adolescente diviso tra ragazze, scuola, musica e allenamenti. E mentre il primo non aspetta altro che lasciare quella realtà che non è più sua e che lo fa sentire inadeguato, il secondo non vuole per nessun motivo abbandonarla, anche per non rinunciare a ciò che della sua normalità e di suo padre gli rimane.

Ci si aspetterebbe convenzionalmente, da un film con una storia del genere, un finale diverso, con una presa di coscienza e responsabilità da parte del protagonista che porta a scelte differenti. Invece, quello che ci piace, è che Lee decide di essere un antieroe, di fuggire da ciò che gli altri vorrebbero per lui, per continuare la sua vita come se nulla fosse successo, violando le ultime volontà del fratello, ma non per questo non pensando al bene del nipote.

Manchester by the sea è un film triste, grigio come il cielo che si alza sulla cittadina, anche se con pochi e lievi sprazzi di umorismo, in cui i personaggi sono colpiti dalle peggiori tragedie che possano scagliarsi sull’uomo, e per questo per la visione è consigliato il giusto stato d’animo.

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