Se7en di David Fincher

SE7EN: SETTE CRIMINI, SETTE PECCATI CAPITALI IN UN FINALE ANGOSCIANTE DA ANTOLOGIA

seven locandinaIl detective Somerset (Morgan Freeman) è prossimo alla pensione, ma prima di ritirarsi segue il suo ultimo caso in coppia con il giovane e avventato collega Mills (Brad Pitt), appena entrato a far parte della squadra omicidi. Insieme indagano su una serie di omicidi feroci, in cui l’assassino si è autoproclamato punitore ed è deciso a eliminare i peccatori dal mondo, uccidendoli nei modi più brutali, prendendo spunto dai sette peccati capitali descritti nell’Inferno di Dante Alighieri. In un crescendo di angoscia, riflessioni filosofiche e paura, Se7en ci addentra nelle vite dei due protagonisti e del pazzo serial killer, – il John Doe Kevin Spacey, in una delle sue interpretazioni migliori – fino all’esplosione nell’inaspettato finale da antologia.

Avarizia, gola, accidia, lussuria e superbia. A far da sfondo alle indagini dei due detective ci pensano le atmosfere cupe, sinistre e deliranti: pioggia a volontà, tranne nella scena conclusiva di Se7en, volta a presentare allo spettatore un cambio di rotta e un plot twist che resta negli annali della storia del cinema. La trama di base sembra essere tra le più comuni: due detective agli antipodi, uno anziano, stanco del proprio lavoro e del crescente tasso di violenza nella sua città; l’altro più giovane, istintivo, impulsivo e con una gran voglia di fare. L’iniziale scontro si trasforma ben presto in una solida amicizia.

Il finale di Se7en sembra scontato, e per questo è sconvolgente. Quando John Doe decide di consegnarsi alle autorità, gli mancano solo due peccati da mettere in atto: l’invidia e l’ira. L’enigma più misterioso da risolvere – che sarà poi la chiave di volta che farà scattare la ferocia personalità di Mills – sta nella scatola che Doe porta con sé. Il confronto finale tra i tre protagonisti avviene nell’assolato deserto – e non c’è pioggia pronta a lavare alcun peccato. Nel momento in cui Somerset scopre il contenuto della scatola, John Doe confessa a Mills il suo peccato: l’invidia nei confronti della sua bella moglie (Gwyneth Paltrow), che lo ha spinto ad ucciderla e consegnargli la sua testa. Fincher avrebbe potuto proporre una conclusione esemplare, in cui Mills perdona e arresta il serial killer, invece decide di agire secondo la natura umana. L’istinto primordiale si risveglia e in un impeto di ira, – quello il suo settimo e ultimo peccato – uccide John Doe. Un cult e spietata la battuta finale di Somerset, obbligato a mettere in manette il suo collega: “Hemingway una volta ha scritto: Il mondo è un bel posto, e vale la pena lottare per esso. Condivido la seconda parte”.

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Linguista, aspirante giornalista, amante del cinema, malata di serie tv, in particolare dei crime polizieschi.