La sedia della felicità: recensione film

MAZZACURATI CON LA SEDIA DELLA FELICITÀ DIPINGE LA SUA FAVOLA DEI TEMPI DI CRISI

La sedia della felicitàGENERE: commedia

DATA DI USCITA: 24 aprile

DURATA: 90′

VOTO: 3 su 5

L’inseguimento della facile fortuna è una fissazione non rara, soprattutto in questo periodo di crisi dove il gioco d’azzardo, quello facile delle Slot machine o del poker online, in alcuni casi è divenuta vera e propria dipendenza, patologia dell’infelicità.

La sedia della felicità sembra il titolo di una favola e, in effetti, il nuovo film di Carlo Mazzacurati somiglia molto a una favola contemporanea dove c’era una volta un’estetista piena di debiti (Isabella Ragonese) alla quale un  giorno una galeotta su letto di morte confessa dove sono i suoi tesori: in una sedia. Tutto sembra facile se non fosse che tutti gli averi della donna, che ha il volto di una brava Katia Ricciarelli, sono stati confiscati dalla questura di Venezia. Le mille peripezie che l’estetista dovrà affrontare per trovare il tesoro la avvicineranno a un bel tatuatore separato, Valerio Mastrandrea.

Mazzacurati nel suo ultimo lavoro racconta con ironia e leggerezza la società di oggi mescolando elementi quasi magici a quelli della dura realtà di due persone simbolo du un periodo durissimo per il nostro paese. Persone che pur di uscire fuori dai loro problemi si attaccano con forza e poca dignità alla possibilità di una facile fortuna.

Non mancano le critiche, sottili e palesi, alla società, alla Chiesa che in questo lungometraggio è il vero  e proprio antagonista dell’antieroina estetista nella persona di Giovanni Battiston, un prete che usa l’altrui povertà per giustificare le sue azioni e che poi si scopre essere vittima dell’azzardo, fragile come chiunque altro.

La storia d’amore, accennata per tutto il tempo della dinamica pellicola, accompagna lo spettatore a un finale scontato ma comunque ben realizzato e coerenze alla bipolarità del lungometraggio che per  tutta la sua durata oscilla tra il reale e il surreale esagerando un po’, forse, negli ultimi momenti ma regalando comunque allo spettatore qualcosa di nuovo, di non per forza fallimentare nonostante la natura dei due protagonisti. Qualcosa per sognare anche quando sembra impossibile farlo.

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