Massimiliano Benvenuto, interprete di Tre Tocchi

INTERVISTA AD UNO DEI PROTAGONISTI DEL FILM DI MARCO RISI IN CONCORSO A ROMAFF9

imageEssere o non essere? Apparire per quello che siamo? O per quello che vorremmo che gli altri pensassero di noi? Quanti dilemmi irrisolti nelle nostre vite. E chissà quanti nelle vite degli attori, che dell’apparire campano. Eppure, per fortuna, ci sono anche attori che “sono”. Sono persone che hanno scelto un mestiere in cui l’apparenza conta molto, ma tra loro ci sono quelli che, per fortuna, danno più valore al fatto, che all’apparenza.

Tra loro, Massimiliano Benvenuto, uno dei protagonisti del film Tre Tocchi di Marco Risi, in concorso al Festival del Cinema di Roma. Tre tocchi – prodotto dallo stesso Risi con Andrea Iervolino e Monika Bacardi (Ambi Pictures) è una commedia amara, che sfiora temi universali indagandoli attraverso sei vite di attori accumunati dal gioco del calcio nella squadra Rappresentativa Italiana Attori, che esiste davvero, ed è infatti da qui che è cominciato tutto. I sei si trovano ad affrontare un provino, o forse qualcosa di più. Amici, compagni, ondeggiano tra pacche sulle spalle e sana competizione. Ma ognuno di loro compie un viaggio, e Marco Risi lo racconta non tralasciando verità e qualche piccola meschinità umana, che riguarda tutti.

Massimiliano, anni di teatro, fiction, cinema. Ora un film da protagonista, con un personaggio che parte da te…

R: Fare l’attore è un lavoro complicatissimo, che si può fare solo se hai grande passione e sei pronto a metterti in gioco, totalmente. Marco Risi è partito proprio da noi. E’ un Signor regista, che ama gli attori, li rispetta. Giochiamo insieme a calcio, ma nessuno di noi gli ha rotto le scatole per lavorare. Sentendo negli spogliatoi i nostri discorsi, lamentele, a volte rabbia, un giorno ci ha detto: ora mi avete rotto, vi sfido, voglio vedere chi siete, e cosa siete capaci di fare, facciamo un film.

Ha scelto solo alcuni di voi come protagonisti…questo ha creato qualche contrasto tra voi?

R: Può anche essere che qualcuno ci sia rimasto male, perché no. A noi attori capita tutti i giorni di essere scelti o scartati, fa parte della nostra vita. Ma tra noi, a partire dai ruoli più grandi ai più piccoli, c’è stata totale collaborazione. Empatia, lavoro di squadra. E’ stato un set speciale, particolarmente democratico. Non si sono create quelle situazioni del tipo “chi ha il camper più grande”, perchè lavoravamo tutti insieme per lo stesso obiettivo: la storia, il film. Marco Risi ha investito per primo, ci ha messo lavoro, soldi, ha scommesso su di noi, e noi siamo stati tutti, dal primo all’ultimo, al servizio della storia.

Un set piuttosto particolare, ne parli quasi come una famiglia

R: Si! Ma non quelle famiglie che finito il film, tanti saluti! Noi siamo amici davvero, ci frequentiamo, lavoriamo insieme spesso, condividiamo tratti di strada insieme. Il progetto è nato così, ed ha avuto un’ attenzione e partecipazione appassionate. A partire dagli sceneggiatori, Francesco Frangipane, Riccardo de Torrebruna e lo stesso Risi. Le storie partono da nostri racconti di vita, loro le hanno romanzate, e ci hanno permesso di collaborare. Hanno colto la nostra “essenza” e ci hanno costruito attorno una storia. Occasione rara.

Di cosa parla Tre tocchi?

E’ una storia sull’identità. Esserci e non esserci, come esserci, cosa si rappresenta di sé. Questo è il filo conduttore, rappresentato dalla preghiera inserita nel provino che ci troviamo ad affrontare.

Un lavoro catartico anche, per voi attori?

Eccome! Abbiamo lavorato sulle nostre fragilità, paure, quelle vere. Ecco, spero esca la verità che ci abbiamo messo. E’ stato un lavoro generoso, assoluto. Nessuno guardava l’orologio, nemmeno la troupe. Questo perché il capitano della nave, Marco Risi, è stato davvero eroico. Io per esempio, ho lavorato anche in produzione. In una scena girata in ospedale c’erano da fermare le persone che uscivano dall’ascensore, ed io le fermavo. Anche noi attori abbiamo scaricato materiale, aiutato la troupe. Credo che difficilmente si crei un tale clima su un set.

Vorresti ripetere esperienze del genere?

Credo questa sia la strada da percorrere. Tre tocchi è un modello, un modo “autentico” di fare cinema, senza budget alti, ma con grande slancio. Nessuna gerarchia precostituita, ma naturale. Marco Risi è capace di creare questo, perché è un uomo principesco, ma senza retorica, schietto, vero. Ha dato una grande possibilità a sei attori non famosi di essere protagonisti di un suo film, quando con la sua esperienza e il suo nome poteva avere chiunque.

Cosa ti aspetti dall’uscita del film? E cosa ti aspetta ora?

Vorrei che avesse successo per diversi motivi: per l’energia che ci abbiamo messo tutti, perché è la dimostrazione che le cose si possono fare, e perché il tema è universale, è un viaggio interiore. Ora mi aspetta il teatro, ancora e sempre. Il 22 debutto al Teatro Argot di Roma con Progetto Cechov, ovvero due spettacoli fortemente voluti dalla compagnia Uffici Teatrali che abbiamo costituito, con la regia di Filippo Gili e in collaborazione con la Compagnia Stabile del Molise. E’ un’iniziativa viva, cioè ci siamo messi insieme perché abbiamo l’esigenza di creare un “fatto” teatrale. Tutti dicono che i classici, con molti attori su scena, con micro budget non si possono fare. E noi, siamo 15 in scena, siamo la dimostrazione che si può fare. Avremo elementi scenici scarni, solo il necessario. Lavoro puro sul testo, teatro di attori, contaminazioni tra varie opere dello stesso autore, per indagarne profondamente le ossessioni, le tematiche. Saremo in scena fino al 16 novembre con due testi, Le tre sorelle e Il gabbiano, con un biglietto ridotto per vederli entrambi. Se si vogliono fare le cose, si posso fare. A proposito, ora devo scappare, ho da andare a prendere la platea da montare in teatro….

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Ylenia Politano, giornalista, si occupa da diversi anni di cultura, lifestyle e cinema. Mamma di tre creature e moglie di un attore, tra un asilo, uno scuolabus, una piscina e feste con 20 bambini di età compresa tra 1 e 9 anni, torna al suo primo amore, il cinema. Interviste, recensioni, riflessioni. Grandi maestri e nuovi talenti. Incursioni qua e là. Set, anteprime, backstage. Quando la mamma non c’è…”la mamma è al cinema!”