La regina degli scacchi disponibile su Netflix

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RECENSIONE DELLA SERIE TV NETFLIX LA REGINA DEGLI SCACCHI, TRATTA DALL’OMONIMO LIBRO DI WALTER TREVIS

la-regina-degli-scacchi-poster“Creatività e psicosi spesso sono compagne”, ed è la paura che Elizabeth Harmon vive quando confessa alla sua amica Jolene che la madre era impazzita e crede di poterlo essere anche lei. Ma lei non è pazza, lei è solo geniale. Incredibilmente geniale. Lo dimostra a nove anni, quando appena arrivata in orfanotrofio vede, casualmente, per la prima volta in vita sua una scacchiera e convince il custode a spiegarle il gioco degli scacchi. Non ci mette molto a capire le mosse, entrare nell’ottica degli schemi, leggere libri che spiegano le aperture e battere tutti, chiunque decida di affrontarla, e più grande di lei. Solo con l’adozione e la sua nuova vita le si aprono le porte dei tornei, dove trionfa battendo un Gran Maestro dopo l’altro, e ambendo partita dopo partita al titolo mondiale.

La Regina degli Scacchi, miniserie in sette puntate da circa un’ora, è disponibile dal 23 ottobre 2020 su Netflix. Tema centrale del racconto è l’emancipazione della ragazza: essere una donna con un tale talento in una disciplina che sembra lasciare spazio solo agli uomini non è facile, e Beth lo sa. Infatti all’inizio fa notizia non perché è un giovane genio, una vincitrice seriale contro giocatori con più esperienza, ma perché donna in un campo ad appannaggio maschile. Non a caso si scontra solo contro una ragazza nella sua prima partita a un torneo (stracciandola). La serie apre quindi una finestra sul ruolo femminile degli anni Cinquanta/Sessanta, quando donna quasi esclusivamente significava essere moglie e madre.

Altro fulcro della sua vita, oltre al gioco degli scacchi, sono le dipendenze, da tranquillanti (iniziata in orfanotrofio) e da alcool (imitando la madre adottiva). Sono il motore del suo allenamento, il modo in cui riesce ad esercitarsi mentalmente seguendo le pedine che appaiono sul soffitto della sua stanza, su quella scacchiera di ombre che la fanno sentire sicura, come la sua solitudine.

Protagonista indiscussa insieme alla scacchiera, è proprio Beth: ne La regina degli scacchi non esistono sottoplot e questo permette al personaggio di dominare incontrastato la scena, monopolizzarla fascinosamente sia visivamente che mentalmente. Beth è una passionaria, i suoi occhi occhi grandi sono concentrati, quasi mai spaesati, e trafiggono lo spettatore grazie agli stretti primi piani della regia firmata da Scott Frank, che ha anche curato con Allan Scott l’adattamento dall’omonimo romanzo di Walter Tevis del 1983. Ad interpretare l’eroina è Anya Taylor-Joy, dalla bellezza imperfetta e dalle movenze leggiadre, che rende poetica come se fosse una danza ogni mossa sulla scacchiera.

Accanto a lei nel cast ci sono Marielle Heller nei panni della madre adottiva Alma, Thomas Brodie-Sangster che interpreta il bambino prodigio Benny, Bill Camp alias il custode dell’istituto e primo insegnante di scacchi di Beth; e ancora Harry Melling e Moses Ingram, lui come la sua prima significativa vittoria, poi amico e maestro, e lei come Jolene, compagna di orfanotrofio.

Non serve essere appassionati di scacchi, conoscere le regole o avervi mai giocato: tutto ciò passa in secondo piano, grazie alla complessità della protagonista, il ritmo serrato, i magnifici costumi e la musica perfetta per ogni situazione. E un finale che non ha bisogno di sequel.

La regina degli scacchi per noi è già la regina delle serie tv dell’anno.

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